Al nome de Dio; amen. 1406, die II d'aprile, secondo il corso de Genova. In Genova fata. Ebi vostra letera a die XXVII de marzo, facta a die XX. Ò veduto quelo che dite de Tendi. Monto me ne contento, e, se volesse, serei monto alegro remetere ogni cossa in voi solo. Vorei volentieri che Tendi se disponesse a venire a stare qua con noi alquanti jorni, et con lui raxonerea sifatamenti che elo da mie se partirae contento, e no vorei andasse inpiandose il capo de grili o sia de cigale, e sì è male consigiato. Sono deliberato che da mie no venga il torto. Scripverogi che venga, e ancora scripvo ad Andrea genero mio. È aora buono tempo e per tera e per mare, sichè potrano securamenti venire. Scripvete a uno capitulo, che a voi pare non abia bene inteisso, et cet., videlicet sopra li fati de Andrea, et cet.. Ne la letera a mie per voi mandata, facta a die XXVII de febraio et recevuta a die II di marzo, ad literam dixe in questa forma sopra ' fati de Andrea: perchè òe a scripvere in più parte, e d'altra parte d'alcuna materia che voi mi scripvete si vorebe fare, cioè dire de boca piutosto ca per letere, che serebe più honesto. Dite apresso: lo dito Andrea se dose a mie de la materia che voi me scripvesti, e io gi dissi mio parere; egi è bene deposto, et cet.. Per che no credo avere arato; arae inteisso lo scriptore che Andrea se dolese de mie, e pertanto comprendo che lo dicto Andrea se dolesse de lo dicto Tendi e no dei mie. Io dubito no ve incressia lo mio tanto a voi scripvere, ma io con segurtà a voi scripvo volentieri. Ogi è intrato la nave d'Oberto Cicogna: vene de Alesandria e de Rodo. A aportato cantara 2000 specierie. Saprete per autri le cosse più destinte che la nave à recato a Genova. Lo vostro amico Jacomo èse partito più jorni fae de Genova. Credo l'abiate omai più fiate veduto. Farà bene a prendere fine con voi et voi con lui, e cossì piaqua a Dio che sia. Io no so se me venga fato dovere andare in uno honorevile officio per podestà. Chiamasse la tera Diano: è tera convencionata. Tenvesi raxone de lo criminale et de lo civile, e mena judixe de raxone. Non àno ancora facto la lecione; dese fare ne le feste de Pasqua. Se me verà fato, bene stae, et se noe, reputeroe ogni cosa per lo migiore. Entrase in officio il primo jorno de junio. È longi da Genova in verso ponente miiha 75. E per questo e per autre cosse arei monto caro che Tendy e ancora Andrea veniseno di quae a Genova, azò che a mie no bisognase fare a Fiorence procuratori contra lo dicto Tendy. Elo va digando che farà donaxone de lo suo a uno citadino de Fiorence, e io dico che io ne farò donaxone al comune. Varebe meiho taxesse. Non è cosa niuna più despiaxevile a Dio, come è la persona la quale receva beneficio da uno autro et siane pieno de ingratitudine e de superbia, e volere rendere male per bene. Guardese che Idio li facia che lo pentire no li varae possa niente. Il nostro signore papa non è ancora venuto. Penso che verae fato la festa. Quando sia l'ora, Idio la facia buona. Io ò grande afano de darve tanta briga, e con segurtae lo foe, e necessitade me costringe. Pregovi mandiate a Tendi e Andrea sua letera a caduno. Per PIERO de' BENINTENDI, amico et servitore vostro, etc..