Al nome di Dio. A dì 6 di febraio 1393. Di poi ti partisti di qua, mai no' t'ò iscritto, per non esere suto di bisogno. Questa, ti fo solo per avisarti de' vini, chome, ieri mattina, ci fu Niccholaio Martini e Biagio e ser Chimenti e Barzalone e Bernabò, e al tutto ànno diliberato di no' tochagli, se none aranno altro da te. Barzalone t'aviserà di tutto che ssi deba fare, che n'è istato chon eso loro. Bernabò àne asagato i' razese e lla malvagea e dicie che non àno danno di stare chosì intanto che ttu torni. La farina della famiglia ène venuta meno: avisaci che modi dobiamo tenere. Niccholaio è suto a me e dice chome uno cittadino dell ghonfalone del Lione Roso è suto qua e disaminato uno amicho di Niccholaio quanto tenpo noi avavamo tenuto chasa chostà e quanto tenpo era che noi s'avano tornato da Vingnone, e che era la chagone noi avavano auta chosì pocha libra, e s'egli avese mai udito se tti volevi fare cittadino di Firenze. Paiomi novelle di fanciugli; chostà à' delle genti che sano quando tornasti da Vignone e sanno se tt'ài voluto fare cittadino Niccholaio pare ch'abia charo che altri te lo iscriva e lla mette a 'ltrui molto chalda; io ò disaminato chi era il cittadino da Firenze: dice che llo direbe a te, se fosi qui, a me non à voluto dire. Arei charo di sapere quanto ài seghito della faccienda e di quello de l'arte che n'ò più manichonia che di questo. Di questo ti priegho: che llo lasci andare che .....glono facci l'arte a Genova, no' lla fare, che ttutto si fa per te, tu facievi ... per fare bene a 'ltrui che a tte, e mi pare che ttu ne sia ischusato a Dio e al mondo []. Niccholaio e gli artri dubitano che iStoldo e ttu no' lla vogliono pure mantenere che no... vogliono pure difendella e io sono di quelle che no' credo che iStoldo voglia di quelle chose né danno né pena. E credo ciò ch'egli abia fatto, àne fatto a fine di bene e no' so chi si avese potuto antivedere che questo ne fose mai intravenuto. Ongni gente dice: "Per questo fatto muove ongni chosa". Queste sono forte chose a patire e di questo vivo cho' manichonia perché no' ti sento paciente chome io vore', e chostà, in chotesta terra, bisogna molto ch'altri si ghardi e volsi richordare del detto dell Tingna. Prieghoti mi rispodi in queste parti, a cciò ch'io ne viva più chotenta. Nannino tornò qui e dice che ttu gli diciesi che ci dormise la sera; e chosì fane, e tiene quegli modi delle bestie che ttu gli dicesti. Cristofano e Nannino lavorano nel palanchato di sotto in verso Bisenzo e Nanni da Santa Chiara arecha della rena; fugli detto chome arechase delle priete ed egli dice che delle pietre si truovano tutta via e no' della rena. Branchaccio e Meo e Ciecho e l'ortolano àno chonpiuta la fosa e ora chontendono le vingne; (vorgi) dice Nannino che fano quello bene che posono, chome tu vi fosi presente. Dei barili dell'olio che ttu facciesti achattare, che noi abiamo qui, dici quello che noi n'abiamo a fare. De' fatti ci lasciasti a fare tra qui e al Palcho, faremo nostra posa, sì che sarai chontento, e no' ti dare maninchonia di qua di nulla. Richordati di fare motto a mona Taddea e domanda Domenicho di Chanbio se lle tovagluole sono anchora chucite, che gle mandi. Rachomandami a Niccholò e la Chaterina e salutami mona Franciescha e tutta la brighata. Altro no' dicho. Idio ti ghuardi. per la tua mona Margherita, salute, in Prato. Franciescho di Marcho da Prato, in Firenze, propio. 1393, in Firenze. Da Prato, a dì 6 di febraio. Risposto.