Al nome di Dio. A dì 8 di febraio 1393. A dì 6 di questo ti scrissi una lettera e da tte non ò auta risposta; la chagone e lo perché ti mando Matterello, che dice che à voglia di venirti a vedere. Pieruzo ci mandò a dire che avea uno bello chastrone ch'era di latte e una cima, che fa già 6 mesi, non fu il più bello; mandatelo in però no' credo sieno chostà sì profetti. E' danari che ttu lasciasti che Nanni rischoteste, cioè f. 15 d'Antonio di Forese, àne auti e posti che Pagholo d'Ubertino debba dare, e che Antonio detto de' avere. Mandai pe' gli altri, ed egli gli dise che non era anchora il termine; ed egli gli dise ch'era per tutto genaio, ed egli rispuose che, se glele dese i' dì del termine, basterebe, ma i' fine m'à impromeso di darmegli il dì del merchato. Il fanciullo nostro, che sta chon eso noi, tornava da risquotere danari e trornava per piaza; dicie che inazi a lui andavano II uomini che ragonavano della prestanza e l'uno diceva ch'avea cienato chon Nofri di Palla degli Strozi, quello tale dimandò (a) detto Nofri: "Che cci fa Franciescho che lo vedi favelare cho' voi in Merchato nuovo?"; egli rispuose chome ttu ci eri per la prestanza, e 'l pratese rispose chome voi savate alibrato a Prato e Nofri gli rispose che vi fu posto prima la prestanza, e 'l pratese gli rispose che vi fu posto in prima la libra e che di questo tu tte ne difenderesti bene, ché ttu avevi degli amici asai, e che tt'era bene voluto; e Nofri gli rispose che a' bisogno t'era venuto e che a lui ne tochava f. 50 e che tti mise in tanta richeza che no' vale tanto Prato, bontà di loro, e 'l pratese gli rispose che non era 1/50 la richeza che dicieano, e Nofri gli rispuose che cci à bene pochi singnori che tenghino tale vita che tiene egli: questo ène i' grado che ttu ài da lui e dagli atri citadini da Firenze, ché sono io fante, cho' tutta la famiglia mia, quando gunghono. Richordoti quando ci veghono gli podestà da rapare la famiglia loro, che cci venghono a 'bergho, quando meno meser Ghielfo, la nuora, che senpre me ne verghognerò delle chose che meser Ghuefo fecie, perch'io vi stesi la sera; e ttu, per fare bene onore a' fiorentini quando gunghono, mandasti per me a furare, perché so meglio il modo. Arebeci molte chose a chontare, cioè la venuta del signore di Mantava e l'atre chose che cci venghono tutte di questa chosa si fa molto per me potrò almeno un pocho, quando la brighata gungnerà, tu m'udirai un pocho più volentieri, anchora ci farà meglio che cci farà aquistare il magore amicho abiamo in questo mondo, sì mi pare che sono ogi i danari che, se s'avese tanto di rendita quanti n'ài ispese per fare onore a chotesta gente, sarebono i migliori amici che ttu avessi. Tu sai che questo fanciullo è stato pocho qui chon eso noi e no' ci chonoscie anchora persona; òllo domandato chom'era piccholo, dice ch'era piccholo e grosso e dice che 'l vide entrare il qualla chasa che sta preso a Nofrino sarta, ch'àne uno uscio istretto a tre ischagloni e àne una bella [ms.: mella] moglie, sechondo dire il fanciulo; per tutti i seglali mi dà il fanciulo mi pare deb'esere ser Franciescho di ser Alberto, e òne udito dire, a donne, che del detto vane inn uficio cho' Nofri degli Strozi. Questo t'òne detto male volentieri, ché non è mia usanza di ridirti novella niuna e sono stata senpre nimicho di chi te n'à detto niuno, in però che ttu no' pigli nimicho persona; ma questa fo per farti avisato, chè chedrò che ttu avevi magore fidanza i' lui che i' niuno che vi fose; ma io l'òne u' pocho per ischusato, perché tocha lui ed è tenuto un pocho avaro; se facesi chosì tu, saresti per chome ti tenghono. Perdonami s'io fallo in niuna chosa: manichonia me 'l fa dire. Idio ti ghardi. per la Margherita, in Prato, ti si rachomanda.