Al nome di Dio, amen. A dì 19 di febraio 1398 Ieri di Argomenti ti schrissi quanto fu di bisogno. In questa ora ò ricevuta una tua lettera e chon esse più lettere: mandàle pel Fattorino a mano a mana al fondacho, e chosì fo ogni volta chom'elle ci vengono. Maravignomi del conto di Nicholaio di Bernardo perché se fussi istato chon quelle lettere, e' l'arebbe avuta iStoldo e a me no' non diede altro. Del fatto che tu non istai turcho se non fusi di bisogo, ma, perch'i' te ramenti, no' llo avere per male, se non fussi di Chuaresima non me ne churerei chosì, perché tu eri più tristo della persona che tu fossi, giàne è un buono pezzo; e le vivande della Chuaresima sono chative, ispezialemente chi non n'à chi serva altrui, ma io m'indugiai el più ch' i pote' solamente per chagione del fanciullo di ser Lapo: lo mando la sera a mergare a chasa sua, perché mi pare il megno insino a tanto che tu ci sia. El Fatorino mi par buono, ma vogno sì lodare a giornate; e' gn'à una chosa che ti piaccia: che gn'è presto e' leggiere. Del non avere ischritto diritto non te ne maravignare che none ischrissi anchora, in perciò ch'egni sta anchora all'abacho, ma e' mi pare di chondizione ch'egn'aparerà tosto, se gni sarà insenato, e chuesto si farà chuande tu sarai qui ritta. Di richordarmi se ci sarà di bisogno nulla, richordati d'arecharmi el forzerino che sono i veli. Perch'Argomento si vuele partire, non farò sansa più dire. Idio ti guardi. pe' la vostra Margerita, in Firenze. Francesco di Marcho, in Prato, propio. 1398 Da Firenze, a dì 21 di febraio. Risposto.