Al nome di Dio, amenne. A dì XVII di frabiaio. Per Miniato ti scrisi quanto è di bisogno, e di poi non ò auto leteruza da te, la quale no' chadea riposta, solo dicea delle chose ch'io t'avea mandato e, ogni volte ch'i' mando a chasa di Nicholò, no' lo truovo mai a chasa ogni volta ch'io voglio: è questa la chagione ch'io no' ti rispondo; ogni volta Miniato à rimenato la muleta e', àmi detto, ch'io te la mandi per aArghomento: e chosì farò. Archomento è stato qui e à rechato qatro sacha di farina: faròla righovenare chome tu di'. De la famiglia e di quelo ch'è a fare qui, provederò quanto potrò per modo che starà bene e pocho. Di Miniato no' bisogna altro a dire. Arghomento quanto Miniato li dise, fa' dire e quelo che quochono l'acia che no' la quocino tanta quanta quela de lino. Mandoti due paia pani lini per questisti sic grazoni e due paia di chalcieti, perché posino metere: quelgli meterano i' buchato; no' ne mando a te perché tu n'ài chostà; richorditi de rechare, se v'è, veruno pezo di panchale. Are' charo di sapere chom'è mona Vana di Barzalona, peché l'è istato deto ch'egli avea doglia da chonciarsi da Barzalona; se vede se qua avesi nulla che gli paiesi, modomelo a dire, ché lo farò volentieri: questo sono delle chose che dà questo mondo. Per fretta farò sanza più dire. Cristo ti guardi. pe' la tua Margherita, in Firenze. Franciescho di Marcho, da Prato. 1402 Da Firenze, a dì 17 di febraio. Risposto.