Al nome di Dio, amen. A dì 20 di novenbre '382. I' v'ò scritte più e più lettere ne' dì passati delle quali non ò auta risposta: penso sieno perdute o voreste indugiare farle risposta a bocha. Non di meno vi farò questa per avisarvi di fatti vostri e a cciò che ll'abiate salva questa lettera darete al fante per me grossi 3 se ve la dà bene questa lettera. Chom'io vi disi più tenpo fa, cioè insino a dì 15 di luglio, al saldare della mia ragione i' trovai che voi dovavate avere a libro ch'io tenia di Giovanni del Richo lb. 102 s. 11 d. 6 e volli sapere da Giovanni detto e da Rossello che avea tenuti per me que' chonti per che chagione erono e 'n efetto trovai ch'erono que' di chanovacci, cioè i danari che dovavate avere de' chanovacci cioè il vostro chapitale. E perché voi non aveste ad andare drietro a' sindachi presi il modo vi dirò non avendo danari da potervi paghare ch'io missi a vostra ragione ch'io gli avessi dati per voi a messere Piero da Spingnano e puosi che messer Piero dovesse avere perch'egli dovea avere danari da noi sì ch'io chassai voi e puosi che messer Piero dovesse avere sì che messer Piero sarebe rimaso a voi debitore avendoli lasciati stare chostì. E poi ch'io ebi chosì fatto mi parve non istessono tanto bene per voi però che messer Piero non se ne sarebe contentato e mutai la detta partita chom'io vi dirò, ch'io missi che messer Piero dovesse dare i quali avavamo dati per lui a voi Francescho di Marcho e per voi demo a me, Piero di Filippo propio, sì che gli apare ch'io sono vostro debitore a li detti danari cioè a lb. 102 s. 11 d. 6 di gienovini e chosì sono vostro debitore e dove gli dovavate avere da Giovanni gli dovete avere da mme. E chome detto v'òe di sopra e vanno alla ragione che abiamo con messer Piero per entrata e per uscita sì che messer Piero non à a fare ora nulla in questo fatto ma solamente avete voi ad avere da mme propio li detti danari. Chom'io vi dicho, perché voi non perdeste i detti danari, feci chome detto òne di sopra ed era una ragione questa che non era bene da poterla vedere se nno poi quand'io saldai il chonto vidi chom'ella andava sì che chome vedete io n'ò tenuti que' modi che di miei fatti propii avessi fatto. Or è vero chom'io v'ò detto per più lettere ch'e detti danari vi chonvierà indugiare ad avere da me tanto che Giovanni chominci a paghare de' danari di chanbio ch'io gli mandai a paghare a Firenze e questo credo no vi sarà grave. E se vi fosse grave trovorei il modo nonistante che a mme non sono anchora pervenuti nelle mani e detti ma be gli arò cho lla speranza di Dio. Ora restate voi ad avere da Giovanni i danari ch'io gli mandai a paghare per voi a ricievere a Nicholò di Bono. E più restate ad avere la metà del prò che sse fecie di chanovacci che avavate a chomune che non so a punto quanto s'è il prò, cioè non ne sono cierto perché io non tenni que' chonti che non ci era prima ma e mi pare che se ne ghuadangni di tutto lb. 13 s. 3 però che mi furono ragionati da Rossello quando m'asengnò il chonto lb. 112 s. 3 d. 3 e io ne ritrassi lb. 125 s. 6 d. 3 sì che il resto sarebe lb. 13 s. 3 chom'io dicho. E questi gredo che sia il prò che se ne fecie che nne tocherebe a voi per la metà lb. 6 s. 11 d. 6 e detti dovete avere. Or è vero che io non avea messo a vostra ragione gli schotti di Matteo del tenpo ci stette perché non mi parea ragione e non arei voluto, e Giovanni volle egli e fa bene chome chattivo ch'egli è. E chosì toglie a voi chome agli altri, cioè f. 6 il mese che per 2 mesi sono lb. 15 sì che lb. 15 dovreste dare e s. 7 d. 10 dovete dare per resto al chonto disteso. Mettendovi in chonto ciò che si dèe mettere sì che voi restereste a dare, sbattendo il prò de' chanovacci, lb. 8 s. 16 d. 4, siatene avisato. Il detto prò de' chanovacci non è achoncio a vostra ragione e io no llo potea mettere ma chonverrà che Giovani ve gli dia: voi siete accieso a libro a lb. 15 s. 7 d. 10 che dobiate dare e chosì sta la vostra ragione chon Giovanni. Voi dovete avere da llui i danari che ssi gli mandarono a paghare li quali non à paghati anchora, aràssene a sbattere le dette lb. 8 s. 16 d. 4 che dovete dare a llui. Se scritto no ll'avete a Nicholò di Bono sì llo scrivete prestamente a cciò che non adimandi più che debba avere, io ne l'ò fatto informare anch'io, non di meno gli scrivete voi. E se aute no ll'avete le mie lettere che per lo passato v'ò mandate, sì gli dite per modo che paia che voi l'abiate aute già ffa buon tenpo però che a dì 15 di luglio s'achonciarono le dette partite e io ve n'avisai di presente di tutto per più lettere. Potetegli dire che i danari di chanovacci non adimandi con ciò sia chosa che voi gli avete auti da Giovanni e che io gli abbia auti per voi dal detto a cciò che non pigliassono sospetto i sindaghi. I' sento che Giovanni dicie ch'io no ve gli dovea dare però che voi no gli dovavate avere: ed e' mente per la ghola chome chattivo che gli è, che voi gli dovavate pure avere, e chosì eravate accieso a libro e creditore, ragionate che ruberebe a ongn'uomo! Or informate prestamente Nicholò di Bono di detti fatti e ditegli che di detti danari siete bene d'achordo mecho. Franciescho, egli è vero ch'io ò a fare i fatti di più chanbiatori e però vi pregho che ordiniate chostì che per ongni passaggio mi sia scritta una letteruza di pregi di chanbi e se vedete ch'io abbi a ffare nulla me n'avisate, io sono bene in destro a servire ongni amicho benissimo. Or io non mi stendo in troppo dire perché so che non bisongna: fate di noi chome di vostri fratelli minori. Parmi l'un dì mille che ll'amicho vostro sia qua per poterli parlare a bocha, io gli arei scritto più spesso se nno che ongni dìe l'atendea qui. Ora sento ci sarà tosto, Cristo il conducha a salvamento, penso che prenderà buon partito a far tosto. Lo danaro è assai stretto, sechondo si dicie, e àssi non buona speranza di lui: Cristo prometta quel dè 'sere il meglio e di voi sia senpre ghuardia. A questi dìe passati ci sono venuti navili assai di Levante, penso da altri ne sarete stato avisato e in ciò non mi distendo più a dire. Quest'è copia d'una ve ne mandai a Vingnone insino a dì 20 di novenbre della quale mai non ebbi risposta. Ora vi mando questa, fatene risposta. Non mi stenderò inn altro dire per questa se nno che il v'atendea qua, direte se siete per qua venire: quando saprò chostì siate di fermo vi scriverò. Se vedete che qua noi abiamo a fare niente n'avisate. Cristo vi ghuardi. Piero e Filipo di Filipo, salute di Genova. Francescho di Marcho da Prato, in Milano. Propio.