Ricevetti vostra lettera; e sopra 'l fatto dell'arte ho preso buon modo, se a voi piace; cioè, che uno Ambruogio dipintore, di cui io sono albitro in uno suo fatto che gl'importa molto, abbia a vedere se voi avete a dare o ad avere da colui che v'ha dipinto. E io manderei Ambruogio costà; e non farà e non rapportarà se none come voi direte; chè vi cognosco tale, che non direte se non quello che sia onesto. E Ambruogio è sì legato meco, che a far questo gli parrà ricever grazia, pur che vi possa servire. E del fatto del matricolare, non vi sarà detto più che vi vogliate. A Stoldo volli parlare, e non pote' per faccenda ebbi quel dì. L'aria da Genova mi fu buona; poi tornammo con onore: ma più mi gusta la nostra, bench'io ne dimagri. Ma stesse io bene dentro, del di fuori mi curerei poco! L'uno è frutto; l'altro è fiore, che viene tosto meno. A Dio v'accomando. Pe' fatti di Niccolao ho fatto assai, poi che tornammo;. e per parole che messer fra Lionardo m'ha dette avere aute con ser Schiatta, veggio che tosto s'acconciarà: e io ne farò ogni cosa mi fia possibile, perchè gli abbi ciò che vuole, salvando me. Niccolao non ha mai conosciuto il cuor mio; chè m'arebbe altrementi creduto, e messomisi in grembo come in Martino suo figliuolo. Ma rimangone consolato, che Colui, a cui io n'ho a rendere ragione come dell'altre nostre opere, il sa e 'l cognosce. LAPUS vester. 25 febr.