Iersera mi turbai un poco vedendomi fatto di notaio casciaiuolo, di tante ragioni e tanto mi mandaste: e una volta dovrebbe la vostra bontà consentire a mia natura e al mio disiderio, che mi diletto del poco, come avete piacere voi, chi sopporta il peso della vostra. Poi che parole non mi vagliono, farò a voi quello fu fatto a me da onestissimo e savissimo fiorentino, e non fu Guido. Io disiderai d'esser suo amico, udito la sua fama; e tanto gli andai da torno, essendo egli da molto in Comune e fuor di Comune, che da lui venne farmisi a compare come voi. Io pensando sostenere questa amistà con le cose di fuori, e non con l'animo dentro, com'io dovea, perch'io era molto giovane, gli mandava spesso delle coselline: esso più volte avendomelo vietato, e io pensava e' dicesse per sua cortesia; infine, vedendo non giovava, cominciò a mandare a me or una lievere, or una coscia di cavriuolo, ora starne, ec.. Io m'avvidi della mia vergogna e del suo dispiacere; e cessai, et e' cessò. Così dubito non convenga fare a me: solo a questo fine, che insino alla fine vostra, se tanto io arò licenza di stare in vita, veggiate s'io vi sono amico e figliuolo per le vostre cose, o per amor di voi propio, e per Iddio prima. Dalla vostra bocca ho, che chi non cura quello che ogn'uomo cerca, non dee curare più di nulla; però che con quello solo s'ha ogn'altra temporale cosa, mondana, vana, fallace, poco durabile, pasto d'animali, e di chi non ha in Dio fede; avendo l'onesta vita, come voi stesso solete dire: e se non credete al vero, che queste cose siano così, sicuramente andate a compitare baccello, ec.. LAPUS vester.