Ho aute le vostre lettere, e quelle copie; e Nanni non è ancor giunto, che ne dee recare anche, secondo che dite. La copia vi mandai de' fatti di Tanfuro, ch'io avea ordinati, non bisognò operare: arete saputo da molti per che via n'uscìo. Or tenete sia per lo meglio, poi che altro non si potè fare. Un'altra volta, facendo bene, arò più sicurtà ne' fatti vostri: e se così tenere v'è malagevole, per la natura ch'è dura a rivolgere, ingegnatevi vincere per umiltà e per amor di Dio, da cui avete auti molti beni in vita vostra; che ci comanda, che d'ogni cosa ci avviene, il ringraziamo. Spesso beiamo mele, e parci veleno; spesso veleno, e parci dolcissimo sapore. Nol dico tanto per Tanfuro, chè da lui penso arete vostro dovere, quanto per ogni caso sinistro, che vi potesse dispiacere. E certo, avendo a morire, ella è somma pazzia la nostra a tanto dolerci delle cose ch'avvengono: e io vi incappo più ch'altre. Bene ho certe volte da Dio buona grazia di conoscere queste cose: ma io me le lascio, pe' difetti miei, troppo spesso uscir di mano. E se giovanezza e senno non vengono insieme, come voi ottimamente diceste; almeno dee venire il senno con noi vecchi, che siamo più certi esser presso a fare il transito nostro, che i giovani; e dovremmo non mai altro pensare che di mutare natura, e appressarci a quegli eterni beni, acciò che al capezzale non siamo gabbati. Voi mi dite ch'io v'ammonisco del vero: ma non v'avvedete de' grandi ammonimenti date a me, che gli ho carissimi. Iddio m'aiuti tenergli. Ma al vostro stato grande si richiede gran senno, come a gran nave gran vela: la mia barca andrebbe con lenzuolo da fante. E s'io credesse che voi foste quell'uomo mai più che voi foste quando feci il testamento vostro; che tutto pacifico, tutto savio, tutto forte, a credere il vero; io mi starei con voi uno mese, e arei la parola forse. E colla penna troncaremmo mille faccenduzze che v'uccidono, ad altrui commettendole; o per altro modo ve le levarei dinanzi, e rimarreste libero nell'animo, e onorevole a Dio e al mondo. Io v'ho più compassione che non credete: e non ci so rimedio, se non volgere l'occhio a Dio; e in lui pigliate confidanza, e speranza tutta piena: e egli v'aitarà, se così farete vivendo tutta volta bene e virtuosamente; e alluminarà il vostro intelletto pieno di nebbie e di tribulazioni, in che siete per le troppe terrene cose in ch'avete messe le mani. Del mio carratello mai mai non v'ho detto nulla, che non so se v'ha acqua o vino: farò lo spillo alla vostra tornata; e manderollo, e terrollo, come pensaremo sia bene. Io ve lo serbo. A Giraldo non mi pare dare ora quello. Sostegnallo; chè se pur dar lo vorrete, vorrassi dare fuori del cerchio, per più onestà, a uno che frughi per voi e per la vostra giustizia; come sarebbe messer Tommaso Soderini, che v'ha gli amici, o un altro, ec.. Ho inteso quanto dite di fare iscuse a costoro: che diciotto anni non vedeste conti, ec.; e quello faceste con Niccolò di Piero. E se de' fatti di Tanfuro non dissi a' Sei a vostro modo, non curate: a me parve dir bene, al modo e alla costuma nostra: il perchè di presente si piegarono, e tutti per voi parlarono; e però n'uscì che la lettera andasse secondo ch'io la dettassi: la quale or m'avete rimandata. De' fatti di ser Schiatta per ora passeremo, e 'l tempo ci darà consiglio; e penso, per termine, non perderete. Questi Venti vi debbono scrivere una lettera, risposta alla vostra; dove vi debbono richiedere della verità delle vostre sustanzie; cioè, quanto albitrate avere in Catalogna, quanto a Vignone, quanto a Firenze, ec.. Credo nol sappiate, e però nol potete dire. Ma ben dite, che a Pisa nè a Genova non avete: che così credo sia; e allora cadrà diciate di quelli diciotto anni ch'e vostri conti non sono mai veduti. E dite non troppo lungo: e conchiudete, che piaccia loro, salvando sempre il loro onore e le lor conscienzie, che e' vogliano trattarvi sì che voi torniate a morire a Firenze, e che qua sia vostra sepultura, e isparta qua la vostra sustanzia infra quelle più povere genti che Dio vi metterà in animo; e già v'avete bene l'occhio, perchè vi vedete invecchiare, e non esser più sano come solavate. Cristo vi guardi. E non vi scordi dir qualche cosa a monna Margherita, chè non paia ch'io l'abbi dimenticata: che certo, per vostro amore, mai non potrei dimenticarla. - Ser LAPO vostro. XXV di maggio.