Frate Giovanni Domenici. Onestissimo e divoto servo di Dio. Chon quella debita reverenza che merita la vostra paternità, mi rachomando alla vostra reverenza e charità. E' fa piue tenpo che io ricevetti una vostra lettera, alla quale non v'ò fatto risposta, perchè voi mi diceste che andavate alla Città di Chastello. La detta lettera ebono i singnori Anziani, chè lla mandai loro per fare la vostra schusa, e dissi all'aportatore, che fue il fratello charnale di meser Benti di Bentivolgla, che sono de' magiore di questa città, voi eravate andato per una peza alla Città di Chastello. La detta lettera non ò riauta, nè anchora l'altra di prima, e pertanto abiatemi per ischusato s'io non v'ò risposto. Io mi pensava che voi foste anchora alla Città di Chastello. Vorei che fosse piacere di Dio che voi foste qua questa quaresima e tutta la state, chè paura mi fa che chostì non tochi la moria. E chome che voi non abiate paura della mortte per rispetto di voi, e' ne sono assai che n' ànno rispetto per amore di loro, chè sarebe loro grande danno della vostra mortte. Priegho Idio che di tutti faccia il suo piacere. Io vi vorei potere mandare in questa quaresima de' vini ch'i' òe qua, che bene sono a vostro modo, bianchi e vermilgli. Ora questo non puote essere; e pertanto Nicholò dell'Amanato mi dice ch'i' òe chostì di buono vino: non chome voi meritate, ma sechondo vini da Prato sono asai buoni, dicho per udita; e pertanto io scrivo in questa ora a Nicholò che a vostro nome metta la chanella a una botte del milglore e mostrila al vostro familglio, e pensate a votarlla tosto, imperò che appresso quella ve n' à parechie botti tutti d'una ragione. Altro non mi posso proferere, salvo pane e vino e olio e denari, perchè non è chostì chui possa fare quello vorei: è lla Francescha pocho sana; ma di queste 4 chose non vi lasciate avere disagio niuno. Istoldo vi darà i denari, e Nicholò tutte l'altre chose. E llo mio familglio sarà chostì a dì III di quaresima, e diravi quello sarà di bisongnio sopra questa partte. Prieghovi preghate Idio per me. Questo dì 31 n'ebi una vostra fatta a dì 29, e chon esa una che andava a uno frate, il quale è andato a Roma, e pertanto la vi rimando, chè di chostì andrà meglio che di qua. Datela a Stoldo e mandella di presente a' miei da Roma, che nne faranno buono servigio. E alla vostra rispondo. Io fo al modo usato, ma se voi vorete, tosto farò melglio, imperò Nostro Singnore udirà voi e no me, perchè io gli sono ladro e traditore e ingrato e schonosciente; e nondimeno Elgli per la sua santa pietà e miserichordia mi fa melglio l'un dì che ll'altro, ma i' òe paura che no mi riserbi altrove a farmi chonosciente dello mio erore. E pertanto io priegho la vostra beningnità che voi siate mio avochato, inperò che llo buono avochato ispese volte fa vincere il piato o tortto io ragione che abia l'amicho suo, chosì potete fare voi a mie per la piatà e miserichordia ch'è nello Singnore. Per questa volta non mi sono potuto tenere che io non abia fatto chome faceste vo' inn una che voi mi mandaste aperta che andava a Vinegia, che fue tre tanti scritura di questa, se bene mi richorda. Abiate pacenza per questa volta. Che Idio vi mantengha lunghamente nella. sua santisima grazia. Per lo vostro servidore Francescho di Marcho da Prato, in Bolongna, a' vostri chomandamenti.