Al nome di Dio. A dì 8 d'
aprile 1396.
L'ultima auta da te ricevetti a dì 6 d'
aprile, fatta a dì 21 di
marzo. Rispondo
apreso e dirò brieve perchè non ò tenpo, perchè sono anchora qui chon tutta la
mia
famiglia e vorei levare la tavola per modo che ongni mia chosa rimanese
bene, perchè di grande tenpo non ci credo tornare per abitare. E per detta
chagione sono tanto achupato, ch'io non mi poso pore a scrivere a te nè agli
altri chome dovrei; ma tieni a certo chome di morire, che, perch'io non ti scriva
più ispeso ch'io non fo, non è che ll'amore non abia inverso di te e delle tue
chose, chome a miei istretti amici, facendo voi bene. E di me potete fare
chonto chome di padre, e, s'i'ò a vivere e voi mi vogliate credere, credo vi
gitterà buona ragione. Or questo sia detto per tutte le volte, chè più non ti vo'
dire per ora sopra a questa parte, perchè non ò ora il tenpo.
Grande piacere arei che chotesta
città s'adirizasse a pace e a riposo e
a buono istato; chè grande pechato è una tanta
città chome chotesta
sia venuta in tanta miseria. Credo che ' pechatti di molti ne sieno chagioni.
Idio per la sua santa grazia
gl'alumini, chè bene posono dire esere ciechi; chosì, chontra a chi fa
male, sonsi ischonosciuti verso Idio della grazia fatta loro da cento
anni in qua,
chè per loro difetto ànno fatto della miglore
città la più cattiva. Dell'achordo
fatto chol
chonte sono avisato. Priegho Idio che s'egl'è di suo piacere, che sia
fatto inn ora e in punto che sia pace e riposo e buono istato di chotesta
città e
di tutta
Toschana.
De' fatti d'
Andrea non dicho altro per ora: il tenpo ci chonsiglerà. A llui iscrivo
quello che mi pare; e di qui a pochi dì sarò a
Firenze chon tutta la mia
brighata, e saremo insieme
Istoldo e io e vedremo quello che cci parà da
seguire de' fatti di chostà, e a dì v'aviseremo di quello che cci parà da fare. E
chosì fate voi a noi, e metete in punto i fatti della
chonpagnia in quello che v'è
possibile, acciò che l'andare o lo stare sia a nostra posta. Chonviensi andare
chol tenpo, perchè niuno è che posa dire: chosì sarà. Chorono tenporali da
stare a vedere e tenpi da spendere e tenpi da guadagnare. Tenete in punto le
scritture e'
chonti chon ogni uomo, e guardatevi di none
obrigharvi per persona
che no sia quello che noi medesimi. Corono tenpi da fare chosì, e non si vuole
per
guadagnare uno per cento mettersi a pericholo d'esere disfatto. Voi avete
veduto ne' dì pasati chome
Lorenzo di Pazino ed altri, per volere fare più che
no posono, chome sono chapitati, e noi ne sentiamo la parte nostra, e molti
altri per volere fare quelo che noi; e però siate savi da qui inanzi, tanto che noi
vegiamo altro e che ' nostri fatti sieno i miglore ordine non sono. I' ò in tutto
diliberato di no
murare mai più e d'atendere a' fatti della
merchatantia insino a
tanto che Idio mi darà grazia ch'io pigli altra miglore vita che d'esere
merchatante, chè si potrebe dire della magiore parte esere pigiori che usurai.
Che Idio per la sua santa grazia ci alumini tutti.
De' fatti di
Lorenzo di ser Nichola no mi istendo in molto dire, perchè non
ò tenpo e perchè non ò diliberato cho
lo
padre ne chol
fratello quello che nne vogliamo seguire. Atendo di dì in
dì qui
Checcho, e allora saremo insieme cho
ser
Nichola e piglerene partito, e
di tutto v'aviseremo. Sarà in questa una sua: legetela e dateglela se vi pare, e
se no, no.
Al fatto di quel
gharzonetto da
Montechatini, io iscrivo a
'Ndrea che ne segua
quello che gli pare il meglio, inperò che, tornando
Lorenzo a stare cho noi, gli
daremo luogho o chostì o in altra parte, e però togliete chostui se vi piace, e
avisatemi di quanto ne fate.
Alla parte che di' che arai grande piacere ch'io dia ordine a' fatti miei per modo
che mi sia onore e chontentamento, e di quanto di' intorno a ciò, ti ringrazio, e
priegho Idio che chon tuo profetto e onore io ti posa fare quello che senpre òe
disiderato e disidero, e di certo tieni che, sse a Dio piacerà e tu m'abia quello
amore che io òe inverso di te e delle tue chose, per me no rimarà ch'io non ti
faccia ongni bene. E richordoti chon fede chome figluolo, che Idio non può
mentire, e dise di sua bocha ch'ogni bene sarebe meritato e ongni male punito.
In questo ti rifida, e d'ongni altra chosa ti fa befe. Se avesi agio, te ne darei
molti asenpri, ma e' non dee bisognare, perchè t'à Idio dato tanto
chonoscimento che ttu chonosci che di questo mondo non se ne porta altro che
'l bene o 'l male che noi facciamo. Furono parole di Salamone, che disse che
tutto aveva provato e racholto tutto: ongni chosa veniva a dire nulla, salvo che
il bene vivere vertudiosamente, e però tutti gli stati e tutti i diletti; e fu savio
chome fu. Per grazia di Dio bene posiamo chonprendere che dise il vero.
Non bisogna che ttu mi rachomandi
Nicholò. Senpre l'amunischo quando vo a
Firenze, e priegho
Istoldo che n'abia chura e llo riprenda quando errase. Sarovi
ora io e farone chome di mio figluolo. E' si porta bene e vie meglio si porterà
quando io vi sarò, perchè il terò apreso di me.
La
Margherita ò salutata per tua parte: chosì fa ella a te. Idio ti guardi.
Per
FRANCIESCHO di MARCO. In
Prato.