+ Al nome di Dio, amen. Dì XXVII ogosto 1384. A dì XX di questo, con lettere di Matteo ricevetti vostra lettera, la quale fu risposta di due mie, (e) quanto per essa dite ò inteso, (e) apresso rispondo a' bisogni. Visto ò quanto dite esere verso di me crucciato, il che, essendo forte, mi sare' grave, considerato che sempre ò cerchato il chontrario. Apresso, perché il mio scrivare non de' esere a voi noioso per molti rispetti, (e) avendomi già scritto che gran piacere vi dava lo mio scrivare spesso, apresso perché la materia dello scrivare non era fuori di dovere secondo l'ignioranza mia. Se 'l contrario fosse, so' presto stare a l'emenda (e) dell'erore mandare perdono. Io ò charo che aviate saputo chome l'animo mio è d'essare fino a Siena per le facende già sapete che a me so' ligittime (e) patono l'andata (e) simile per l'essare un dì con esso voi, ma bene arei charo che per mia lettera l'avessi prima saputo. Or non si può più. Altra volta farò meglio, dato che non porti progiudicio però che non so' chose penose però che qui sarei stato tanto avessi auta vostra licenza (e) altrimenti sare' stato a la vostra volontà. Voi mi dite che trovate di fattori asai d'ogni parte, (e) chi à I.a virtù, (e) chi altra. Or chome che sia, di questo sono più che certo ch'è per un perduto un altro richoverato, ma per venire sul fatto nostro, a me non pare che di me v'abiate a dolere per veruna chagione fino a questo dì, salvo se non fosse per una: per la mia ignioranza o vero pocho sapere, però che quanto per me vi fu mai promesso, dal primo dì a l'ultimo, mi pare che di parte a parte v'abia ateso pianamente di servirvi III anni, (e) chosì sarà a febraio, cioè a 4 dì. Ver è che per voi mi fu promesso liberamente che a questo tempo mi fareste tale vantagio mi tere' per contento, (e) questa fu la vostra cortesia. Per che visuto so' (e) vivo a questa speranza, non metendo nesuna enfinta per a questo venire, (e) perché omai veniamo su' termini o presso, ve l'ò richordato con reverenzia che in chaso per me non si sia fatto chosa il perché di questo deba vachare, essendo di vostro piacere (e) valendolo io, mel faciate; e in chaso che non, sia per non detto, però che alchuna volta i savi si biscontano di loro, nunché gli altri. Voi mi dite che ragione non vuole ch'un giovane che sia stato con un maestro un tempo e abia asai apreso da lui, un suo vicino lil vengha a levare per ingordigia di salaro, e questo è vero, parlando soramente, ma le parole dannano alchuna volta le gienti, il perché fa esere questo onesto, dato che a me non chale dire questo però che prima mi sare' avisto a fare questo tratto, se cerchato l'avessi, ma non fu mai mia intenzione per vantagio trovassi lasciarvi fino al tempo promesso v'avia; ma fuore del tenpo m'era abile il farlo, benché senpre avia ed ò charissimo l'essare chon voi più che con persona che sia, eziandio a minuenza non che per pari, e questo medesmo vi ratificho che chosì vo fare. Ma a me pare, non dicho chosì sia, che avendomi voi questo detto, ragione vuole che voi il facciate o veramente mi diate licenza che, trovandolo in altra parte, il pigli (e) con voi resti figliuolo (e) servidore, però che qui si parà l'amore che per la vostra bontà m'avete portato (e) portate, ch'io chredo che molte volte vi dissi, quando qui savate, che, se abile m'era, volevo in pochi anni fare prova di me senza enfinta, però che gli anni sono chari e nesuno sa quanto abile gli è il fatichare. Quanto io, non ò grande animo, (e) di pocho sarà piena la misura mia, se la ventura mi venisse in buona ora. Se non, sarò almeno schusato per lo tempo l'arò cerchata. Per che, avendo a voi fatto dovere, vi piacia fare questo; (e) se non, darmi licenzia di cerchare mia ventura, se abile m'è il trovarla. (E) non vogliate per lo vostro bene si perda il mio, però che non sare' dritto amore, amando ogniuno il suo bene propio, ma bisognia che l'uno a l'altro condiscenda e che ciaschuno si pieghi; (e) chosì si salvano gli amici però che delle chose venghono tutto dì. (E) noi aviamo un detto che dice che in tanto il chane musa, la lepre se ne va. L'uno amicho dié esere lieto del bene (e) dello stato dell'altro, e in questo de' l'uno favorare l'altro, spezialemente il possente il bisognioso, per trarlo più a sé (e) farlosi ben servidore. (E) chi questo non vole fare, o non gli è abile, non volere che 'l servire del men posente lui li nuocha, ma senpre favorarlo in ogni modo a lui abile, il perché l'amicho vengha a perfezione. Io so' ora giovane, (e) dato pocho sapia, pure usando m'adesterò a le chose (e) la ventura mi viene davanti ed io vi domando consiglio (e) mi vi profaro. Prima mi pare che, non atagliando a voi, mi doviate lasciare prendare mia ventura, sì che domane o l'altro, venendo un sinistro - che Dio levi! - nel tempo volete che ancho aspetti il vostro avio (e) che di voi mi fidi non m'abia da biasmare di voi, né possa dire che per vostre parole l'abia perduto (e) divenisse verso di voi quello che già mai non pensai né vo pensare, (e) più charo arei che mai non m'avesste conosciuto. Apresso pure, aguardando il tempo mi dite, a la fine non ò da voi chosa certa, (e) potrebe esere che allora sare' forte disforma la mia entenzione da la vostra, per modo non saremo d'acordo, (e) chosì sare' pegiorata mia condizione (e) la vostra non ne sare' di meglio per questo tempo stessi a 'spettare troppo. Sì che per me non si fare' né voi per questa chagione non credo me ne consigliaste, che è chosa abile a divenire. E però a me ed a voi mi pare sia di bisognio siamo insieme (e) pratichiate queste chose. (E), se siamo d'acordo di quanto fare mi volete al detto tempo, in buon'ora. Quanto non, voi mi consiglierete chome vostra chosa, però che per lo vostro consiglio mi vo guidare, (e) sarò vostro servidore ove ch'io mi sia quanto a seghuire abia al mio buono stato. Questo (è) a me grande bisognio fare anzi gienaio, chome a boccha vi dirò, sì che a l'auta di questa vi pregho con reverenza diputiate l'ora a voi abile sì che danno né schoncio non ne prendiate (e) ch'io abia mia intenzione del tempo, però che forza m'è. (E) se volete vengha fino chostì, o voi verete fino a Milano, avisate il modo più abile a voi, ma sia come dicho anzi il tempo detto. Or quanto dite sopra i fatti di mia partita che sia per cagione di servente, non so che si sia, e se Pavolo v'à scritto sopra tale materia, simile non so che si dice, né fatto à bene di farlo, cioè di dire che per amore di lei mi voglia partire, o altro animo non estima esso, (e) simile d'altri. Or la materia non è sì bella né sì chortese né sì onesta che per lettera sia abile né onesto lo scrivare, ma a boccha il saprete, (e) sarà la minore parte che chon voi abia a conferire questa, benché per Matheo ne sarete in parte avisato, (e) io chome detto è a boccha ve ne rendarò fé. Sì che sopra questa materia non mi stendo in più dirvi. Ogni vostro fatto, (e) propio (e) chomune, m'è a chuore chome se miei fossono, (e) fate conto mai non fu nell'animo mio il chontrario, né sarà tanto quanto di vostro piacere sarà, (e) vedretelo per sperienza. A la proferta mi fate d'andare fino a Siena per le nostre faccende, vi ringrazio tanto quanto fare posso, dato pocho possa o sapia di bene, e questa è la vostra chortesia e senpre vi sarò tenuto per la chagione di questo (e) d'altro però che pocho so (e) quello ò da voi. Nostro Signiore me ne faci conoscente, per modo meritare ve ne possa! Ma per venire a la chosa, voi non potreste fare molte chose a me fanno bisognio fare, per che a me è pure bisognio d'esarvi per ogni modo anzi gienaio. Sì che, come per l'altra cagione v'ò detto, mi fa bisognio l'essare con voi, chosì per questa vi pregho che in ciò mi siate abile (e) largho. Altro non so v'abia a dire, se non che Dio sia senpre vostra guardia! El vostro Andrea di Bartalomeo vi si racomanda di Vignione. Chiusa a dì XXVIIII.o ogosto 1384. Le II lettere di misere di Firenze mandai fino a Chastelnuovo (e) questo dì n'ò auta risposta, la quale con questa vi mando. Misere di Firenze è là (e) più tosto non l'ò posuta avere. [indirizzo:] Francescho di Marcho in Firenze propio. A. [mano di Francesco; data di ricevimento:] Da Vingnone, a dì 22 di settenbre 1384, fatte a dì 29 dello pasato. Tenele uno veturale X dì di que a Pisa.