Al nome di Dio, a dì v di
marzo 1393.
Ricevetti tua lettera, e tutte le chose che tue mandasti per
Mattarello,
e tutto istette bene. Per detto
Mattarello ti mandai una
ischatola
di
pinochiato e una
ischatola di
tregiea e 10
aringhe e due
ramauoli
grandi e certti
ischardassi di
Nicholao Martini: fàlglele dare, se noe
l'ài fatto. Non so se altro ti fue mandato, che, per malinchonia e per
facenda, non mi richordo di quello ti fue mandato: che di tutto sia
lodato Idio. Bene mi vanno le chose tutte a uno modo, ma per grazia
di Dio tutto sarà per nostro melglo, e per l'anima e per lo chorpo e
per l'avere.
Per alchuno chaso achorsso qua d'alchuno
cittadino, e per molte
anbasciate ci sono di pùe parte, non puote
Guido di meser Tomaso
atendere a' fatti miei: ècci in buono volere, farallo chome pùe tosto
potrà. Che Dio ci tragha di tanta pena, sanza nostro danno e verghongna.
A Dio me ne rachomando: chosì fa tu.
Fosti avisata, a boccha e per lettera, della venuta di
meser
Filipo Chaviciuli
e di
meser
Filippo Chorsini che venghono chostà domatina,
che vanno
anbasciadori a
Genova: è cho loro
Arigho di ser Piero Muscini.
Dìsimi
meser
Filipo che volea vedere la
chasa; volli venire
cho lui, e fargli quello onore che nmi fosse posibile: non volle, vanno
alle ispese dello
Chomune, non vole gravare persona.
Dissi a
Matarello che ttu mandassi per
meser
Piero Rinaldelschi, e
per
ser
Ischiatta, e per
Nicholaio Martini, e per
ser
Baldo, e
ser
Chimenti, e
Barzalone, e cho lloro avessi chonsilglo del modo avessi a
tenere nel fare loro onore, e che deste quello ordine che 'l me' vi
paresse. E più l'inpuosi che ttu dovessi ringraziare
meser
Filippo Chorsini
dell'aiuto e buon chonsilgli che m'à dati nella mia quistione,
chon proferélli me e lle mie chose, eserre sepre presti a ongni suo
piaciere. Sónmi poi pensato ch'elgli è il melglio che
meser
Piero pilgli
questa gravezza elli, che saprà me' dire di te; per tale lo priegha ch'elli
li dicha sopra ciò quello li pare che me' sia. Io glele scrivo per una
sarà chon questa: dàglele o fa sùbito dare, e date a tutto sì fatto
ordine che voi faciate per modo che ci sia onore e non verghongnia.
Sono a
meser
Filipo Chorsini tropo obrighato ed è uomo che merita
ongni onore e bene. Ònne tanto detto che non so che più dirne:
lascione il pensieri a tte e a
meser
Piero e a tutti gl'altri; e perché
posiate provedere di buon'ora, mando chostà
Chastangnino cholla
mula domattina, che vi sarà di buon'ora:
avisera'mi chome la chosa
andrà.
De ragionamento auto chon
meser
P
. sono avisato e piaciemi, e
volentieri vorei eserrmi atenuto al suo chonsilglio vànomi le chose
alla traversa e da chosì questo misero mondo porto in pacie e porterò
per bene dell'anima mia: chosì fa anche tu. A bocha parlerò chon
meser
P
. e volentieri udirò il chonsilglio dicie di darmi, e metterollo
ad efetto perché mi rendo cierto e' mi chonsilglia a fé chome s'io li
fossi minore
fratello.
I
danari de'
ciéci diedi a
Nicholò; e àgli
achonci chome bisongna,
e àmmi renduto indietro
s
. 45 a
s
. 3 per
staio, perché ttu li dia a chi
gli à
venduti; daròteli quando sarò chostà: àlli
Cristofano.
Vendi i resto de'
ciéci per come puoi; a
Nicholò non ne resta se
non de' minuti: dicie tu dia i minuti per lo me' puoi. Dio ti guardi.
Franciescho di Marcho, in
Firenze.
Dì a
Nicholaio Martini ch'io no lli scrivo perché non ci è ora
tenpo, e anche non vegho sia molto di bisongno, e fo cho llui a
sichurtà chome de fare l'uno amicho cho l'altro.
Manda la
mula a
Meo, che la ghoverni lassù; e falla prima
radere.
E favi stare anche il
chavallino, sì che tu non abi brigha di farle
ghovernare.
Richorditi de' fatti del
forno, di parlarne chon
Vittolino, e
dira'mi
quello ti risponderà, non di meno io ciercherò anche qua io. E se tti
paresse di parlarne cho
Nanino, e vedere s'elli v'avesse l'animo, e
potrebesi fare chosì: che 'l
fornaio mettesse la sua
familglia dove li
paresse e, per quello tenpo fosse di bisongno, insengnasse a
Nanino.
Praticha tutto, e
dira'mi sopra ciò.
Chastangnino mi rimanda in qua, stasera, rasa che sia, la
mula.
Monna
Margherita, donna di
Franciescho di Marcho, in
Prato.
1393 Da
Firenze, a dì 6 di
marzo.
Risposto.