Al nome di Dio, a dì 26 di magio 1394. Per Chastangnino ti scrissi ogi molto chonputamente, e mettemo le lettere inn uno paio di bisace di Niccholò di Piero. Non so se Chastagnino si richorderà ch'elle vi siano dentro; e per tale ti fo questa, e ancho per richordartti che tue mandi per quella fanculla di ser Lapo e tenghila techo e fanne chom'è di tua usanza. Non so s'io te ne dissi nulla per quella lettera di stamane e pertanto, a ciò che no si dimentichàse, ti fo questa: fa ogimai chome a tte pare. Perché in questa ora io voe parlare chon Guido, non ò il chapo a dirtti altro se no che tti richordi che noi abiamo a morire. In questa ora abiamo sotterato quello buono familglo di Guido che avea nome Francescho. Pocha isperanza posiamo avere in questo mondo se nno nel bene fare: che Idio ce ne dia la grazia. Farai bene a pregharne per te e per me, chosì foe io; e se io l'avesse fatto per lo pasato, chome lo foe ora, credo che a tte ed a me sarebe istato grande profetto. Anchora ci àe dello tenpo: farai bene di farllo. Quando vedi ser Chimenti prieghalo che facca quello bisongna melglio che s'io vi fosse. Richorditi di mandarmi quelle chose puoi per Chastangnino, che menerà uno ronzino vòto. La fodera della mia ciopa non è anchora fatta; dice sarà fatta di questa settimana: recherolla mecho. Perch'io non ti richordi chosì ongni chosa delle chose di chostà, non te ne maravilglare: provedi tue dove ti pare sia di bisongno. I' òe tante chose nell'animo che io non so dov'io mi sia. Idio ti guardi senpre. per Francescho di Marcho da Prato, in Firenze. Monna Margherita, donna di Francescho di Marcho, in Prato. 1394 Da Firenze, a dì 26 di magio.