Al nome di Dio, a dì 23 di marzo 1396. In questa ora di nona, n'ebi una tua iersera: rispondo apresso. Al fatto d'Arghomento non è altro a dire: e' sono pochi che non abiano dello dimenticho. Di quanto ti disse de' fatti di que, sono avisato. La chosa è pure que: ongni uomo ci sta trapensato, e niuno sa che si fare, e niuno rimedio ci si dà: parmmi il guocho dello chavaluco. Io mi sto in chasa e no ne escho fuori, non so che nmi fare, o dello venire o dello istare. Uno pocho ci à di pericholo al venire a uno mio pari e, d'altra partte, io pure sento qua de' fatti nostri di fuori e di que, e pure solecito Istoldo di quello fa bisongno, e diamo ordine a' fatti nostri chome si puote. Se que avesse novità, foe chonto istarm'i chasa e llasciare fare, per me non ci si puote mettene rimedio. Io pregho e foe preghare Idio che noe guardi a' nostri pechati. Istarò a vedere uno pocho tanto tornni Nanino, che llo mandai a Pisa, e simile Nicholò della chassa, che andò insino a Santa Aghonda inchontro a nostra roba che viene da Pisa per Arno, poi prenderò partito di stare o di tornare, sechondo parrà a Guido. Barzalone istà qua per amore dello grano che cc'è di suo: atende i danari. Credo ne verà ogi, se sarà ispacato, e per lui t'aviserò se nulla mancherà per questa. I nemici sono prèso di que e fanno danno asai. I òe chosì charo Niccholò di Piero sia chostì chome qua: facca quello crede che bene sia. Se io diliberàse il venire chostà, e lle bestie non ci fossono, io me ne churo pocho: Guido n'àe, ed èci i ronzino di Domenicho. Venonne bene achonpangnato, ma, innanzi ch'io mi muova, m'aviserò bene di quello arò a fare. Idio m'aiuti. Piacemi che lla palgla sia tutta in chasa, ma richorditi d'una chosa: che tue facca aprire quelli chapanelli, acciò che lla aria vi dia dentro; e dì a Nanni che si dia guardia ch'ella non sia molle in niuno lato, che farebe infracidare l'una l'altra: dilgli che vi pongha chura, accò ch'ella non si guasti. Piacemi che lo ponte si levi. Manda per Antonio Michochi, che vi vada: è pùe suo mestieri che delgli altri. E dilgli che vi portti uno palo di ferro per ischonfichare quelli aùti che sono grandi; noi n'abiamo uno picholino delle masarize che avamo in pengno da Zacheri. E tutto quello lengname ch'è nello ponte ne fa' rechare chostì, salvo le travi, e falle istare all'aria in però debono avere preso umido, e di ssotto e di sopra fallo bene ghovernare. E accò che non mi escha di mente, richorditi di fare rechare da chasa Cristofano di ser Franca tutti quelli panchoni di noce che sono nell'aqua, in però vi sono istati assai; e manda e per lui e dilgli che tti insengni chome si vole achoncare, accò che non si guastasse. Volmi richordare che mi disse che noe volea vedere sole. Dilgli quello ti pare, e fàllone venire ora che ài chi llo puote rechare. E puote atare loro Domenicho del Montale e faranno pùe tosto, dicho quando non à a fare, e falgli mettere dove dirà Cristofano. Piacemi che al Palcho istia senpre chi che sia, e che llo Ischiavo achonci bene tutto quello àe a fare. Dilgli quello ti pare, a tte lascio il pensieri di tutto: atendi a solecitare gli altri, che pùe si fa che fare tue. Al fatto di Benedetto provedi chome ti pare: io sarò chontento a quanto farai. Sono tenpi da guadagnare paradiso, e sono chontento che niuna ispesa si levi via in questa necesità. Facciamo chonto di fare, uanno, per l'anima: fae fare a tutti quello possono. Magiore mercé credo fare a molti che nn'à in chasa e al Palcho, e che dare a quelli vanno birbando e pertanto siati detto per tutte le volte. In questo tenpo fae dove ti pare e nonne guardare a niuna avarizia: renderàcene Idio buono merito. Vedi e senti dov'è il bisongno, e fa chome credi che bene sia; e s'e' frati o altra persona senti che abino bisongno, fae bene a tutti: guarda pure di spenderllo bene. Quello da Montepulcano dèe istare insino a Pasqua: vogli atenere quello gl'òe promeso; faca quello puote, e chosì fa fare a tutti. Questo fatto non dèe istare a questo modo 100 anni! Per lo 'nanzi si darà sì fatto ordine che lle nostre chose andranno melglo ch'elle non sono ite per l'adrieto, chome che Idio c'à fatto pùe grazia che nnoi no meritammo. Non ti poso dire molto perché Barzalone vole partire e io no lo volglo tenere accò non vengha di notte. Io paso la malinchonia chome fanno gli altri miei pari: non si ispende il tenpo bene nella fortuna chome si fa nella bonacca, chome ch'elgl'è meno vertue ora; pur è que la chosa. Fatti lègere ispesso quelle lettere ti mando, e fae una richordanza di quelle chose che tti pare siano di magiore bisongno di fare, accò non abi ongni volta a fare lègiere tutte le lettere. Trai d'ongni lettera quello ti pare e fa fare in sue una iscritta richordanza di fare la tale chosa, e poi ti fa' lègiere quella iscritta ispeso, e fa quello puoi a dì a dì, chome tue puoi: l'avanzo faca Idio, che tutto puote e tutto vede. De' fatti di mon'Ave non è altro a dire: volsi lasciare riposare la chosa uno pocho, poi vedremo che sarà. Barzalone ti dirà di boccha quello che non si può dire per lettera. Provedi le lettere, e fate quello potete. Atendo risposta de' fatti di Nicholaio Branchaci, e fa dire a ser Naldo e a Michele di Falchuco e delgl'altri, che no guardino a l'ordine dato chostì il Podestà. Io non ò a fare nulla di quello ordine: farogli trotare qua e vedranno quello guadangneranno. Io no volglo da chi non puote, ma chi è riccho volglo che nmi paghi: chosì fa dire a tutti. Che Idio mi tragha di questo vilupo, che tardi vi rientro mai per la 'ngratitudine di molti. Non ti poso dire pùe. Idio ti guardi. Francescho di Marcho, in Firenze. Mona Margherita, donna di Franciescho di Marcho, in Prato.