Al nome di Dio, a dì 26 di marzo 1397. L'ultima ti scrisi per Barzalone quanto fu di bisogno: di poi non t'ò iscritto, nè da tte non ò auto lettera. Solo ti fo questa perché sappi novelle di me, e per mandarti una richordanza delle chose si sono a fare chostì: fate quel che voi potete. Richordoti che questa gente vane ardendo ciò che truovano, e pertanto io loderei che dal Palcho si levasse ongni legnamaccio e paglia e sermenti e ongni altra chosa d'ardere; e richordivi di quella paglia ch'è sotto il tetto, da dare mangiare alle bestie; e farei ispaziare la stalla d'ongni letame; e richordoti che sse l'orcia che ssono a Filèttore voi no lle avete isghonbre, le facci isghonbrare, però che qua n'ànno rotte assai dove n'ànno trovate o vòte o piene; e dì al Tantera che ne chavi il sachone della tóre e ogni legname, e vòti la stalla e vengha a stare chostì chon voi, egli e lla moglie. Ricordoti di fare macinare del grano quanto tu puoi, in però se questa gente si distende in chostà ò paura n'arete charestia, e però dì a Gusto che no lasci l'amicho suo per gli strani, che no farebe, perché noi non diamo a macinare a niun altro che a llui e ora, al bisogno, ci lasciasse: fatene macinare quanto potete. E dì a Nicholò di Piero che ssi faccia rendere que' pegni a Antonio di mona Lucha, e puògli mettere nella stalla del Porcellaticho o, sarà meglio, dove istanno le tina, l'uno tino sopra all'altro; e lle botti istieno dove potràno istare, acciò ch'elleno non piglino niuno chattivo fiato e non si guastino. E in chaso dia ischusa niuna che no gli volesse dare, dì a Nicholò se ne vada al Podestà, e dichagli chome la chosa istà; e ttu manda per Antonio, e digli se questo è il merito del bene ch'io gli ò fatto, e intorno a cciò gli dì quel che tti pare, e fa tuo potere che lle chose s'abino. E fa che ttu mandi per l'ortolano nostro, e richordagli i denari che mi dèe dare, e sarà forza ch'egli e gli altri mi paghino, e che farà bene a provederci ora ch'è il tenpo, e che farebe bene di vendere quella chasa chom'io gl'avea detto. Dì a llui e alla moglie quel ti pare. Sarà l'aportatore di questa il barbiere che mi rade: rispondi per lui, e mandami a dire se quella lettera ch'io vi mandai s'ell'adò a Pistoia a Stefano Guazaloti. Riguarda quelle lettere ch'io t'ò iscritte, e fa quel che ttu puoi; e fa quelle chose che ttu vedi sono di magiore bisogno, e quello che non si può fare si rimangha. All'auta di questa, dì a Nicholò di Piero che vada ad Aghostino Bonfigluoli e végha il libro suo quanti danari e' m'à dati per Antonio di Soldino da Pisa, e avisimene il più tosto che puote. Io mi sto qui in chasa, e non végho modo a venirne che nno fosse di gran pericholo; e pertanto pensa a fare chostì quel ch'è di bisogno, e priegha Idio e fa preghare per tutti, che altro rimedio non ci végho. Qui s'ordina di póre danari a chi n'arà: Idio ci aiuti s'egli è di suo piacere. In altra ti dissi se ttu avessi bisogno di danari, mandassi ad Aghostino Bonfigluoli per dieci o per venti lire, e provedi se dagli altri ch'io t'ò detto ne puoi avere niuno: non ti chuocha la boccha! E vedi ongni via e modo di fare partire quella chasa di mona Franciescha di Gusto e di fare, a pigiore, la metà; mando per ser Amelio, e digli che cci végha il modo di farlo. E fa che Antonio di Fattalbuio, o chi tti pare, vi sia; se si fa di legname, vi può essere Antonio Michochi e quello figluolo di Giovanni Martini, che cci dèe dare danari, che cci fecie la trave da Santo Franciescho, chome ch'io credo aranno faccende assai ora a fortifichare la terra, chome che forse non tocha [ms.: totocha] a lloro due tanti v'a degli altri. Per fretta non dicho altro. Idio ti guardi senpre. per Franciescho di Marcho, in Firenze. Mona Margherita, donna di Franciescho di Marcho, in Prato.