Al nome di Dio, a dì v d'aprile 1397. I' òe fatto istanotte uno sogno d'una chasa chaduta chostà tutta a pezi, in che avea di mia famiglia, ed era detta chasa allato a quella di Piero Bondì. Il perché detto sogno mi dà assai che pensare, perché una nave, partita da Vinegia già fa più di due mesi, che andava in Chatalogna, non se ne sa novelle e io vi sono suso in fiorini 300, i quali sichurai a questi miei, chome feci in quella ch'io sichurai a Domenicho di Chanbio, che perì l'altro dì. Apresso, in detta nave, àe tanta merchatantia di nostra chonpagnia che vale f. 3000 e forse pùe, e bene che detta merchatantia ci sia sichurata in gran parte, non è che non vi si perda il valere di f. 500 s'ella è perita, sanza che ll'uomo arà a piatire il suo chogli asichuratori, che, quando fanno dette sichurtà, è lloro dolcie chosa a tocchare il danaio, ma quando viene il disastro della perdita è tutto il chontradio e ciaschuno si tira indrieto e fanno volentieri sanza paghare: sì che vedi chome noi istiamo! Apresso a queste buone novelle, iersera si diliberarono quatro prestanze, che credo ogi si bandiranno: dillo a Barzalone, che lgli uscirà il ruzo del chapo e porterà il mantello chattivo il dì delle feste; i però io credo che questo sarà uno bere da mattina se lle chose durano a questo modo, che non ci veggio niuno modo ch'elle non durino tutto questo anno: Idio ci aiuti e chonsigli, che bisogno ci fa. Oltre all'altre mie manichonie, ch'ènno sanza numero, m'agunse ieri che qui venne uno pistolese, e dicemi che dèe avere da Domenicho dal Montale da f. 13 di grande tenpo, e mostra che ora elgli ne dovesse dare due; e disse: "Domenicho à detto che mi facesse motto"; sicché io vegio questo fatto sarebe la novella del Saccente, che chi arà avere da Domenicho detto, vorrà essere paghato da me, sì che io arò fatto delle investite che io soe fare. E pertanto digli quello ti pare: se io non ci metto rimedio questa sarebe una mala zachera. Varà meglio serare il forno e apigionare le chase, e 'l forno rimangha a noi per potervi chuocere in mentre vi stiàno, o noi faremo chome facciavamo prima: troppo sono male inventurato di simili chose! E, a mio parere, quello moggio del grano ch'egli à in chasa, si vuole chavarnelo e mandarlo qua, acciò che niuno vi possa póre suso la mano: uno che dovesse avere da llui, potrebe fàrlovi istagire; e però fa di mandarmelo, chome pùe tosto puoi, per le nostre bestie. Mandaci dello pane, in però qua è Manno e Stoldo e Marchetto oltr'a me e 'l Fattorino; e però mandamene, domane o sabato, qualche 25. Volsi fare chosì ora: non si possono ischifare la spessa ongni volta. A noi chonviene fare chome fecie quello da Parigi, che ssi ghovernò male uno tenpo, e poi si ravide e ghovernòssi bene da indi inanzi. Chosì piaccia a Dio che facciamo noi! Io sono in tanta manichonia di pùe chose ch'egli è maraviglia chom'e' non mi si volgie il ciervello, in però che quanto pùe cercho più truovo, e Idio sae chome mi vanno le chose in pùe modi: io rimedio a quello posso, e 'l tenporale è forte chontradio a tutti questi fatti. Idio ci aiuti. Provedi tue a quello puoi, chostì, di quelle chose che vi sono a fare, e provedi le mie lettere e lla richordanza ti mandai, e fa quello che ttu puoi. S'io vivo uno pocho di tenpo, io darò, cholla grazia di Dio, sì fatto ordine a' fatti nostri che noi non viveremo chon tanta manichonia, chome che mi pare che 'l mondo si dirizi per tutto per modo che sanza grande manichonia e dispiacere non si potrà vivere. Faremo dalla nostra parte il dovere, Idio faccia i rimanente: altro rimedio non ci végho. Dira'mi per la prima chome la fa Nanni nostro, e s'egli è bene sano, e dimi chome si portano tutti. Io non ti posso dire quando io ne verò, in però qui aviene ongni dì chose nuove, e io ci vorei pure essere a vedere e tochare tutto: chosì l'avessi io fatto per l'adrieto! Dira'mi chome avete fatto chon chotesti cittadini che ssono venuti chostì per lo fatto del grano, e chome si sono portati in verso di noi, che m'è detto che forte sono ispiacevoli. Io avea detto a Nicholò che mi menasse le bestie, cioè mandasse per Nanni nostro le mule domenicha mattina, e io me ne verei il dì medesimo, se io potessi; non so che mi farò. Sabato vi dirò quello arete a fare, io non so dove mi sono. A Bernabò richorda e dì tutte queste chose delle nostre fortune, e che nonché noi possiamo tenere danari in diposito, ma egli ce ne chonverà achattare se troveremo da chui, che sse le chose vanno a questo modo, che non si troverà uno danaio a chanbio; e pertanto provegia chel pùe tosto che puote e faccia quanti danari e' puote, acciò ch'egli escha di questo fatto, in però chi dovrà avere vorrà essere paghato per le graveze ci saràno, che noe saràno pichole. Apresso se tti pare, tue medesima, dìe a meser Piero quello ti pare di questo suo fatto. Io no gli iscrivo perché io mi credea venirne ongni dì: vedi quello ti pare da fare. Di manichonia non so che farmi, o di scrivergli, o di none iscrivergli. A Michele ed agli altri dì quello ti pare chon quelle buone parole gli saprai dire; se nne usciamo questa volta tardi v'inchapiamo mai pùe. Di poi sono bandite le quatro prestanze per di qui a mezo aprile, e io non so dove si sia uno danaio: andròmi a stare in prigione tanto che ssi pagheràno, e saròvi bene achonpagnato, che credo che ve n'etreràno assai! Fa lègere questa lettera a Nicholò di Piero. È venuto poi Arghomento e nulla m'àe rechato da tte, e simile di boccha non m'à detto nulla: pocho monta, ma pure non puote nuocere a dire o pocho od assai quando a punto ti viene. Istando le chose a questo modo, non si puote erare a scrivere ispeso, in però che da una ora a un'altra apaion chose nuove. Con questa sarà una lettera a ser Ischiatta: vedila tue e Barzalone e poi la sugellate e se ti pare di mandare per ser Ischiatta, il fa; e digli che tti pare. Di poi è gunto Nicholò e dicie tue ài auto istanotte febre, di che mi grava: fatti provedere bene e, se ài bisogno di nulla, bene avisa. Idio ti guardi. Dì a Guido che cerchi nel mazo di dicenbre o di genaio 1396 d'una auta da Bellozo dove dicie avermi mandato lib. una d'oncenso. per Francescho di Marcho, in Firenze. Mona Margherita, donna di Franciescho di Marcho, in Prato.