Al nome di Dio, a dì xxij di maggio 1397. Per Arghomento n'ebi una tua, ma none niuna altra cosa, e lla chagione ò intesa da lui; atendo dette chose domattina. Rispondo apresso e brieve perché nonn ò tenpo; ma prima ch'altro dicha, dimmi quanta farina fu quella che ttu mi mandasti l'altro dì, e se le istaia furono cholme o rase, che mi vole richordare che dicesti uno mogio, ma qui non ne truovo venti istaia. Delle ciriege non vi mandaremo più, po' che no ne volete. La chavalla fatela ghovernare chome è di bisognio, e io la manderò a chiedere quando n'arò di bisognio. Per fretta non posso dire altro: pensate a fare quello che avete a fare e provedi la famiglia, che sai che nn'è di bisognio; e fa che Guido non dorma, e fa ch'egli iscriva ogni chosa a punto accò che no ssi prenda errore chon persona. Io non ti posso dire quando io ne verrò in però che quando io mi credo eser ispaccato, io sono più inpaccato che prima. Di tutto ne sia lodato Idio. Fate che lla muletta sia proveduta di quella enfiatura, e tutte l'altre bestie siano bene governate: fale trarre la mattina e la sera fuori, chom'è in usanza in questo tenpo. Per anchora non à auto Nicholò, nè niuno altro il bulettino, pure credo l'aràno, o tardi o per tenpo. Egli istàno bene sechondo il male. Di tutto si vole ringraziare Idio senpre. Se tti pare, manda al Palcho uno letto per Zanobi e per Nanni e none aràno a tornare ogni sera, e Bernardo e Guido istaràno meglio; e chome io sarò chostà torneremo guso, e potrà dormire la Lucia e lla Fattorina. Di tutto fa chome ti pare e fa che mona Ghita serva bene Bernardo. Io penso ispaccarmi il più tosto ch'io potrò. Idio vi guardi senpre. per Franciescho di Marcho, in Firenze. Avisatemi che vale chostà il grano, e dì a Barzalone che nne venga informato e mandateci quelle cose. Monna Margherita di Franciescho di Marcho, in Prato.