Al nome di Dio, a dì 25 d'ottobre 1397. A dì 23 di questo te ne scrissi una, e chon essa una a ser Ischiatta: ara'la auta e risposto; se no, fatelo per la prima. Ma sechondo che ttu mi scrivesti ieri, tu no ll'ài aute; non so se ttu le t'arai aute poi: attendo ogi risposta. Di poi ieri n'ebbi una tua, alla quale io ti feci chome mi parve vi s'achadesse; sì che per questa ci à meno a dire. Apresso ti dirò quanto per ora io mi richordo. Del mandarmi Nanni non me ne churo ogimai: lascialo pure istare e attendano a fare quel bene che può. E avisami se ieri furno maestri all'orto, e chi vi fue, e quanto e' feciono; e fate che voi iscriviate ciò che voi fate, per modo che quando noi saremo chostà possiamo tutto iscrivere in su il libro chome si dèe. Del pane che tti guastò il fornaio, non è altro a dire: ara'ne di poi fatto rifare e mandatociene, perché qui non è ora il modo a poterne fare perché cci è la chosa anchora invilupata, e però mandaciene chome prima puoi. Fa che all'auta di questa tu facci mettere quelle mezane che ssono nell'orto a llato al melarancio, sotto il choperto, perché potrebono avere tanta aqua ch'elle sarebono poi fracide: sì che falle mettere ivi in su il muricciuolo, presso a uno orcio che v'è, e simile fa mettere al choperto quelle che deono venire da Feghine. E' mi ti pare avere detto per altra che voi ispegnate, chostì nell'orto, uno mogio di chalcina perché, chome io vi sarò, vore fare chonpiere detto acciò che trargha a fine; e allora ci sarà il modo, perché io arò le mezane che cci manchavano. Io parlai a Ghoro lastraiuolo, più dì fa, e si lgli dissi dell'orticino che noi volgliamo fare di verso meser Piero. Disse avea a venire chostà, e che ti farebe motto e vedrebe quello bisongna, e poi sarà qui mecho e darà ordine che noi saremo bene servito; non è per anchóra qui tornato, ch'io sapi. Dimi per la prima quanto avete fatto, benché da llui ne sarò avisato. Avisatemi per la prima se Iachopo da San Donnino àe fatto seghare quello lengno, e chome elgli è riuscito. E fate talgliare quell'altra trave ch'era allato a questa, ch'è un pocho isciagra overo acciata. Per la prima attendo m'avisiate quanto aranno fatto i maestri che andarono al Palcho per vedere le mura de' Saracini: che Idio dia loro grazia non chondannino l'anima loro. Credo istamane me ne aviserai. Io vi mandai ieri, per Arghomento, molte chose, e tutto vi mandai per iscritto. Guardate di ricievere tutto, e mettete ongni chosa nella logia insieme e poi, quando io sarò chostà, vorò pesare tutto, perch'elgli fae le some a ssuo modo e io no lgli dare' più che ssua ragione; sì che fate che ongni chosa sia insieme, e io le farò poi póre dove mi parà melglio istiano. Dite a Nani di Ghuiduccio che io gli credo arechare il fodero per la donna sua, se io potrò. Sapiate da Piero di mona Mellina quando elgli debe richuociere, e avisatemene, perché dovendo chuociere ora sùbito, si potrebe indugiare a tòre da llui della chalcina, ma no chociendo ora subito, torei da llui quattro mogia di chalcina, per ispengnerla al Palcho, per tirare suso quel pocho del muro che v'è a tirare. E volglio che lla chalcina si spengha a llato al muro dove sono gli alberi, e llevare di quella tera che v'è dove io dicevo di fare lo innafiatoio per inaffiare la tera di Piero di Schiatta; e poi, chome sarà punto rasciutta, per modo si possa barellare, si vorà mettere in chasa perch'ella non ghiacciasse, benché, in questo mezzo, io sarò ispacciato di qua e sarò chostì e darò ordine a quanto sarà di bisongno. E sì mi avisate che mattoni elgli àe, e simile mezane, e tutto. Io inpuosi a Nanni, quando di qua partì, che spegnesse all'orticino quattro mogia di chalcina, e da voi non ò auto anchora risposta s'elgli le s'a ispente o nno. Ma bene mi dite s'io volglio che si tolgha di quella di Piero di Chodino, perché melglio viene a punto a tòre di quella di Bartolo da Manghone, perch'è tanto più presso: s'ella è buona, ne togliete quattro mogia per all'orticino, e uno mogio ne tolglete per ispengnerla nel giardino. All'auta di questa manda per la madre di Simone, s'elle v'è, e tiella in chasa e falle onore e chonfortala della sua fortuna e pròfarele tutto ciò ch'è in chasa, e ch'ella faccia, de la chasa e di ciò che v'è, chome della sua propia, e che allora le verà meno la chasa che a nnoi medesimi. E oltre a cciò, dille tutte quelle buone parole che ttu saprai dirle, ch'è mercié a chonfortare i tribolati dalle fortune del mondo: che Idio dia loro grazia le portino in pacie. Perché Franciescho attende a scrivere a Vingnone e in più parti, non vi si può dire altro per ora, se nno che ttu ci mandi del pane perché io m'aviso istare qui tutta questa settimana. Idio ti guardi. per Franciescho di Marcho, in Firenze. Richordivi di sollecitare di choteste che cci andò a dare danari, cioè Giorgio pianellaio e Stefano di Bartolomeo e ll'ortolano nostro e Antonio tronbadore, e Antonio di Barne. E se ttu ài bisongno di danari, manda per essi a Nicholaio Branchacci che tte ne dia qualcheuno, e Nicholaio di Giovani, fornaciaio di Tavola, che dee f. 25, meno alchuna cosa. Richordivi di mandare per quel Bartolo che achonci i chastangni, e fate ch'elgli achonci chotesti chastagni per modo istiano bene. E solecita il fatto di quelgli alberi di Matteo mungnaio, e manda per Nicholaio Martini e dì il dicha a Biagio e ramentigli questo fatto, che se ne trargha le mani. E anche, se ti pare, va insino alla dòna del Podestà e parlagli preghando gli deba piaciere trare le mani di questo fatto, acciò che, chome io sarò chostà, possa chominciare a fare la via; e oltre a cciò dì chome ti pare, e di tutto m'avisa. Mona Margherita, donna di Franciescho di Marcho, in Prato. 1397 Da Firenze, a dì 25 d'ottobre.