Al nome di Dio, a dì viij di luglio 1398. Per Arghomento ricievetti tua lettera, e chon eso quanto mandasti: rispondo apresso. Rimandoti la zanella e la ghuardanapa, uno sachetto nostro, uno pezzo di soatto biancho, uno paio di tavole da chuccire, lib. nove di carnesecha. Piacciemi aveste il grano d'Arsiccio, e che n'abiate fatto richordo e messo da parte: chosì farai di quello de la Chiusura, e fate di serare bene il granaio. Piacciemi che avesti da l'ortolano nostro lib. 25, e fattone richordo. Del fieno non è altro a dire: sarò chostà io, e prederòne partito io. Fate dire a Ghuaspare di ser Bartolo che l'amicho nostro da Roma inscrive che, se no fóse per alchuno romore istato a Roma, egli arebe paghati que' danari a messer Lodovicho, cioè in f. 150 d'oro, e sengniale che la faccienda sua è fatta: dìtelgliele di presente, che l'arà charo. Dimi ch'è seghuitto poi di quello che tue mi disciesti ch'io diciési a la Franciescha de' fatti de la Chaterina, se 'l fato va innazi o torna indrieto. Domatina ti manderò i bottoni de la ciopa mia, o recheròlgli cho mecho. Fa ch'io la trovi fatta: mandalo a dire a Nofrino. De' debitori che no paghano, no monta nula: sarò chostà io e farò che pagheràno. E tue, Ghuido, va a Bartolo da Manghone, e domandalo se mandò a dire a Giovannetto da Manghone quello che mi promise. Idio vi guardi. Francescho di Marcho, in Firenze. Mona Margherita, donna di Franciescho di Marcho, in Prato. 1398 Da Firenze, a dì 8 di luglio. Risposto.