Al nome di Dio, a dì xxij di marzo 1398. Questa sérra, per Arghomento, ò auto una tua lettera fatta ieri, e per lui ò auto i panni del fancullo di Manno, e domattina gliele manderò. Oltracciò ò auto 2 saccha da grano, che anche per lui mi mandi, sì che sta bene e sopra ciò non dico altro. Io fo ciò ch'io posso per ispacciarmi di qui; ma ssono tante le cose mi sopravenghono da un'ora ad altra, ch'io non posso a punto dire "così farò". Or lla cosa è pure qui e, quando che ssia, provederò ad avere meno inpaci [ms.: ipanci] ch'io nonn ò. Io ò cominciato ogi - io e Checcho - a scrivere queste cose di casa, e abiànne iscritto una particiella e domane, forse, ne fareno un'altra particiella, posto che sia dì da stare in orazione. Ma tutto farò per ispacciarmici tosto, e fa conto che llunedì o martedì io sarò chostà, e più tosto credo martedì che llunedì. E inazi ch'io mi parta, ti manderò il tuo mantello e più altre cosette che tti bisongnano costà, e aviserotti di tutto. Avisato sono quanto Ghuido di messere Tommaso t'à mandato a invitare per lo dì di nostra Donna; e in ultimo io ti dicho che de' fatti di Ghuido non si vuole parllare, però ch'egli è tanto cortese che farebbe ognuno villano. E per tanto io ti do per consiglio che ttu pigli co llui quella schusa ti pare più lecita e più bella e ssi non v'andare, però ch'egli ne farebbe grande aparechio e arebene affanno assai. E tu sai chome tu sse' cagionevole, ch'agievole cosa sarebbe tu pegiorassi tua condizione. E pertanto, com'io ti dicho, per te non mi pare si facci l'andarvi. Màndati, ischusando a llui per quel modo ti pare più honesto e più bello, acciò che non v'abia indizio niuno che ttu vi debba andare. E questo mi pare il meglo a ffare. E altro non ti dicho per questa. Idio ti ghuardi. Franciescho di Marcho, in Prato. Chiuxa a dì 23, la mattina. Monna Margherita, donna di Franciescho di Marcho, in Firenze, propia.