Al nome di Dio, a dì xxv d'aprile 1402. Iarsera per Nanni di Martino ti scrissi il bisogno e per lui ti mandai una pezza di vitella che la mandassi ad Antonio di Santi, che chosì arai fatto; e simile arai fatto ogn'altra chosa ti scrissi. Per Arghomento vetturale ebbi una lettera e la ghattucca, che apresso ti farò risposta a la lettera. E la ghatta ò auta, che arei charo no l'avessi mandata qui ora; da poi c'è venuta, troverò modo ora il bisogno suo. Mandami, per lo primo, una di choteste secchie da tenere aqua, perché qui nonn è se non quelle che stano al pozzo e una ce ne bisogna per chamera terena; e però mandamela, per lo primo, una sechia largha. I' ò ricieuto il chonto di Lapo di Turingho e di Michele di Govanino, sì che sta bene. È bisogno che ttu cierchi in sul chassone, a piè della finestra ferata dove trovasti i chonti di Lapo di Turingho, a lato a una chassetta ch'è in sul chassone, e troverai i tre quaderni, che in su l'uno dicie "questo è il chonto di Domenicho Bernabò", l'altro dicie "questo è il chonto di Marcho di Tano", l'altro dice "questo è il chonto d'Iachopo da San Donino": mandamegli prestamente tutti e tre. Vegio che chostì venne, domenicha, lettere da Pisa. Dì a Stoldo che le mandi, bene che io gli scrissi iarsera che mi mandassi ogni lettera che vi fosse venuta. Se altre lettere vi venissono, tutto mandate qui a noi, e io provedrò a quanto bisogna. Mandami un'onca di spezi dolci, di quelle buone, di Ghuglelmo speziale di Porta Rossa. Mandami a dire se Tomaso del Biancho viene chostì, e digli, per mia parte, che io gli manderò la mula per lui e per Istoldo perché venghano qui. Idio vi ghuardi. Francescho di Marcho, in Prato. Monna Margherita, donna di Francescho da Prato, in Firenze. 1402 Da Prato, a dì 26 d'aprile.