Al nome di Dio, a dì xiiij di settenbre 1402. Ieri n'ebi due tue: perché sono inn iferno non ti posso fare risposta chome vorei. Io prochacco di spacarmi, ma e' non è agevole lo spacare chome il dire. Pensa a guarire e guardare la familgla, e fate quello potete. Fa dire a Francescho di Lapuco che Nanni Cirioni non è venuto qua, e che io scrissi a llui e a Stoldo che glele dicesse, che facesse in verso di lui quello dovea. Scrissemi Istoldo ch'elgl'era ito in villa: io gli scriverò anchóra ogi e dirolgli mio parere. E ancho scriverò a Francescho, s'io potrò: non ò tenpo di mangiare, nonché di scrivere. Che lodato sia Idio di tutto, che bene mi viene adosso ongni chosa a uno trato. E fa dire a Miniato che io ebi sua lettera e no lgli posso fare risposta; ma dilgli, s'elgl'à bisongno di danari, che sse ne facca dare a Stoldo, e dì a Stoldo gli dea insino in f. quaranta. Non mi mandasti il bighongnolo ch'è nella volta, dove erano le [ms.: ne] melearance. Se a punto viene, mandalo, e farollo rinfreschare, che ss'aopera; ma non è di bisogno però che ce lo mandi chostà: l'aopereremo a fare achoncare le botti. E' mattoni e ll'altre chose che tt'à fatto fare ser Chonte, ti manderò chome pùe tosto potrò. Sono fatti: di cò non ti dare pensieri e non ti dare a credere ch'io istia qua a diletto. Per questa non ti posso dire pù. Io none iscrivo a Stoldo questa volta: farollo istasera. E' mi scrive che questo dì sarà a Maringnolla. Idio ti guardi. Francescho di Marcho, in Prato. Ò pure diliberato scrivere a Francescho di Lapuco e a Domenicho di Chanbio: falle dare. E dà questa poliza a Miniato del Sera, ch'è in questa. Margherita, donna di Francescho di Marcho da Prato, in Firenze.