A nome di Dio. 1384 a di 7 di feraio. Francescho di Marcho, monna Margherita vi si rachomanda. La chagione perché scrivo questa letera si è per sapere se voresti che io ti rimandassi Simone, ché a me non è bisongno qui: se vôi, mandamelo a dire. Sappi che la sera che ti partisti da Prato, ci venne, all'Ave Maria, il Nero chon tutta la famigla sua, e istasera ci venne la balia del fancullo di monna Biatrice che stava molto male. A tuti faremo onore e cortesia per amore di te. Qui ritta è la Dolce e Nero, che vanno per ciò che bisognno ci fa; sì che, s'a voi è bisongno Simone, ischrivetecelo e manderemolo. I' lino n'abiamo chonperato una dodicina: costa uno fiorino; nona aveva più cholui da chu' lo chonperamo. Chonperemo l'altro più tosto che potremo. Da mia parte vi vo' preghare che vi sappiate governare la persona vostra, e guardatevi da questo vegiare disordinatamente, ché ogimai ne dovereste eser a .... tribolarvi. Idio vi guardi. Rachomandatemi a Nicholò dell'Amanato e a Giachi. Salutatemi la Francescha e ttut'i suoi fanculli. Rachordavi del dettato di Nicholò dell'Amanato, che dice delle donne della Marcha. Salutatemi la Bartolomea e ditele da mia parte che pensi di servirvi bene: dichono le vicine che non ci pare persona quando no' c'è la Bartolomea! Aportatore di questa letera si è Gucio d'Alesso. Francescho di Marcho da Prato, in Firenze, a la Logia de' Tornaquinci.