Al nome di Dio. A dì 27 febraio 1384 Io, Margherita, ricevetti vostra lettera, qual vidi volentieri; vo' mi scrivete chome (a) Monte; ma m'aviseràe tutta la 'ntençone vostra. Noi ricevemo prima la lettera vostra che quella che mandavate a Monte. E mi pare che vi chontenteresste ch'io fosse di chostà chon tutta la famiglia, chome voi la rimettete in me; questo fate per vostra chortesia ch'ed io no' merito che voi mi faciate tanto onore. Io sono diliberata al tutto di venire, nonché a Pisa, ma in chapo dello mondo quando voi vi chontentasse. Voi dite che noi istaremo melglio insieme, che l'uno qua e l'altro chostà; questo è vero per più chagioni. Dello ispendere, che di 200 è vero che spendiamo qua e llà, chome che questo pocho importerebe, quando vo' istesse bene; e mi pare che, per dare ispacio a' fatti ch'avete a fare, che io sia tosto di chostà e potrete meglio (fare) quello ch'avete a fare. Chredo che siate asa' male servito: perciò mi pare che sia di bisongno che sia tosto di chostà a ordinare che siate bene servito, ché quando sarete ben servito potrerete meglo atendere a' fatti vostri. Io ne sto di vo' chon grande paura, per amore ch'è di quaresima e ssì per lla mala aria ch'à di chostà; perciò mi sono diliberata di venire, in perciò che ssiate bene servito chome siete usato; agievole cosa sarebe, ch'essendo voi mal servito, voi n'aquisteresti qualche malatia alla chondiçione che vo' avete. A me non bisongna se non prochaciare che voi istiate sano, ché, quando istarete sano, istaremo bene e potremo portare ongni ghande ispesa: questa è lla chagione perché pare a me mill'anni d'essere di chostà, che viverete più chontento, e io sì farò. Voi dite, s'io non mi chontentassi di venire di chostà, che voi veresste qui a Pasqua, e andreste e vereste tutto dì: questi sarebe a voi grande iscioperio e grande alunghamento di tenpo e gran pericholo questo andare e questo venire, perciò mi chontenterei, per la mala aria ch'è di chostà, di venire ispacatamente. Perché voi avesse ispacio de' fatti che v'avete a ffare che, se altro potesse fare, no' vorei che vi ci ritrovassono per queli gran chaldi, che ongn'anno mi pare che vi sia una mortalitade. Sopr'a questo più non dicho: siete savio e piglierete quel partito che migliore sarà; l'andare e lo stare sarà a vostro piacere. Sopra il fatto della chomare vostra, sono istato chon Monte ed e' mi dice che d'egli il terrà, il priore di Santo Fobiano e Arighucio di ser Guido e voi; io ò detto che desìa cho' loro a fare ongni ispesa ch'eglino voranno, ché chredo che voranno fare orevolemente. E mi pare che voi vi potrete passare di quello che farà il priore, ch'è tenuto che facia orevolementa; se altro facesse da parte, mi pare che sarebe loro pocho onore e sarebe una mala chostuma a mettere nella terra chome ci sia fatta per alchuna, ma sono istati altri magiori fatti, a me pare che basterà quello che s'usa pe' l'altre: voi sarete di qua e faretene quello ch'a voi parrà. Sopr'a fatti de la çia e sopra tutti gli altri no' vi risponderò, ché spero sarete tosto di qua e a bocha ve ne dirò il parer mio. Sopra il fatto di queste femine no' vi bisongna temere: i', che più ghuardia ne fo, che non fareste voi, elle si sono troppo bene portate, io v' ò più aversi a la Bartolomea che non farei a voi, se vo' ci fosse. Le cose che sarebono di bisongno chostà sommi diliberata di non mandarvene niuna, perché mi pare che sia il meglio di mandare ongni chosa insieme. Quando sarete di qua (è) che saprete meglio ciò che vi farà bisongno. Ricevetti una letera da Nicholò de l'Amannato: mi si manda molto proferendo; io gli iscrissi come voi vi chontentavate ch'io fosse di chostà, e che me ne dovese iscrivere il parere suo, chome io gli dissi ch'i' era per fare il vostro comandamento e possa il suo: questo feci per rendegli onore come a padre! Mona Dianora à mandato una procura in voi e i' Nicholò, che vogle vendiate la chasa e ch'io gli rispondessi se io vôle; io rispuosi che, per persona del mondo, non volea perdere niuna ragione che io v'avessi sue e che io non sare' soficente ad rispondere questo fatto; ma che quello che vo' facessi e Nicholò, sare' chontento. Le 'nbaciate che vo' mi mandaste a fare, tutto ò fatte, ispeçialemente a messer Giovanni di Lippo più che tu non dicesti: tutti gli àno riceuto gharçiosamente. Io ti mando pareche cose; la richordanza sarà in questa letera di tutte quele chose che vi manderò. Altro no' ci à più a dire. I fanculi de la Biatrice ò veduti, e ògli loro molto ramadati e che faciano conto che siano miei. Del fatto che dite se lle aringhe no' mi pare da fare, ché ci are' bene del tenpo da donare chi vorà donare, Monte dice che sono asa' triste. Io sto bene chon tutta la famiglia. Richordatevi di me: io vi priegho che voi non vi vogliate senpre chonsumare, pigliate le cose per modo che le possiate durare. Idio sia sempre vostra guardia. Francescho di Marco Datini da Prato, in Pisa data. 1384 Da Firenze, dì 29 di febraio.