Al nome di Dio. Dì 31 di marzo 1387. Di poi di qui partisti, ch'è quindici dì, a me non avete mandata lettera niuna né no' m'avete mandato a dire nula; né io no' vi rispondo di chose che ci ci sia fatta, percò che avete fatori assai picholi e grandi, ma io negli rimpisco bene tutti quanti, che ce n'abi niuno che sapi più di me in bene e che ghuardi melglo l'onore tuo che farò io in però che mi tocha; asa' ramento più ch'a niuno, e non c'è n'à niuno che sapi più di me quello che tti piace e quello che tti dispiace, che per male fossi stato techo 10 anni ch'io non sapessi i modi tuoi. Io vorei che tue fossi quello Francescho che tu tti tieni, che ghuati alchuna volta ne' lucingnolo e alchuna volta fai ardere un torchio sanza bisongno. Tu m'ài lascato qui tre settimane cho' maestri in chasa: qui non se' tue chosì ghuardingho chome ti pare, ch'io chredo che sarebe più honesto e più chonsolazione alla familgla tua - a que' che bene ti volglono - che quando tu non ci se', che non ci si murase punto, e chredo che tue ne saresti più lodato. Questo non dicho pe' maestri, che chosì s'ànno fatto chome solglono; ma questo dicho per l'uscio che chonviene che stia aperto chome si fae dove si mura e vae ed esce chi vole e no' si puote alchuna volta fare altro; ma se tue avessi chosì grande paura, chome tue ti mostri, leveresti via la materia che non ci arebe a stare persona quando tu non ci se': se questa chasa dovesse diventare d'oro! Sopra ciò più non dicho, ma tue à (a) chomandare ed io sono sempre per ubidire e chredo fare sìe ch'io non are' paura di ripresione. Da mia parte dìe a Stoldo che buon pro' gli faccia e diegli grazia che sia fatta in ora e in punto che sia bene per l'anima e per lo chorpo. Aspetianci di chonfesarci e d'ordinarci per lla Pentichosta. Racomandami a Nicholò e alla Francescha. Idio vi ghuardi. per la vostra Margherita, salute, di Prato. Farò uno sachettino nuovo per metervi le lettere e lle salute m'ài mandate. Francesco di Marcho, in Firenze, propio. 1387 Da Prato, a dì .. d'aprile.