Al nome di Dio. A dì 27 di marzo 1394. Per Meo no' ti scrisi perché aspettai che il Chonsiglio uscisi per avisarti di qui e perciò ritenni Chastagnino. Ser Chimenti t'avisa di tutto e chosìe l'àne informato meser Piero che faccia. La chosa pare che sia rimesa in Ghuido di meser Tomaso, che ciò che ne farà sia fatto, ma che sia di tua volontà e di quegli del Ghofalone, no' si vincieva se no' fose istato meser Piero; asengniò molte ragoni loro, fra l'artre fu questa che per questo Chomune si facieva, che pe' lla fama che ài e per rimanere in pace chol Ghofalone e che getterebbe loro grande e buona ragione: ànnolo fatto più per paura che per amore. Meo àne sentito che Brado àne auta una lettera. Mandai per meser Piero ierisera, domandalo da tua parte ch'aresti charo d'avere da lui qualche chonsiglio, e che modo tu tenesi di questi fatti, e che tune gli aresti iscritto se no' fose per la chagone che ttune mi diciesti; disemelo a bocha quello gli pareva: preghalo lo dovese iscrivere di sua mano e chosìe fecie innazi che da mene si partise. Ebe molto charo la mia venuta per sapere da me l'animo tuo: disigli che ttune vi rimanevi male volentieri, ma che ttu t'eri diliberato di fare quello che voleva Ghido e quello avea chonsigliato, egli e gli altri suoi amici: piaquegli; dicie ch'uno modo arebe tenuto, volendo tune rimanere qua, e un altro gle ne chovenea tenere a volere rimanere chostà; facesti male di no' fagli una lettera, per che sapere bene l'animo tuo e di quello ti chontentavi, ché no' sapea che si fare, perché, dicie, che altri si rivolge da un'ora a un'altra: informàlo di quello sapea. Chome io gunsi, mandai la lettera a meser Ghuelfo, di filo se ne venne qui e lesemene una parte; ed era di mano di ser Lapo, e grande amore mostra meser Ghuelfo a ser Lapo, diciendo in che ser Lapo avea rechata questa tua faccienda e 'l pericholo ch'egli àne portato, e simile mi dise quello portò egli quando vene chostà: per te ringraziolo in 'l meglio ch'io sepi, ma no' chom'egli merita. Dirotti due parti di quello dicieva la lettera di ser Lapo a meser Ghuelfo: che se no' fose istato Ghuelfo e bene apogiato chom'egli era, che n'arebe l'anno meno di tre di queste quistioni ch'egli ischopierebe, ma che pure tune lo tenesi a mente; a lui bastava (volgi) none ispendese mai servigio niuno pegio che questo: digli quello ti pare. Ser Chimenti ène stato qui a me, e parmi che sia di buona volontà a fare a ongniuno novità sanza ch'io gli dicesi nulla. Ser Chimenti fecie pigliare quello fabro ch'ène parente di Matteo e ànne aute molto novelle, ch'a Matteo à detto ad altri debitori che non è di tua volontà questo, ma che llo fane per rubare la gente: ène infamato da parechi, che mi sono venuti a favellare qua che Matteo àne ricieuto una grande quantità di danari da Charmigniano e fane vista di dovere avere, questo sone da persona: no' llo dire' male volentieri; è tanto vituperato che me ne increscie. Per l'amore di ser Lapo e' no' vole risquotere e no' lascia risquotere a 'ltrui e, s'e' pesciolini sapesono favelare, ongniuno dire' che t'àne inbolato e tune sai ch'io ne vidi una volta uno chattivo segliale di quella donna da Charmigniano; ma sia che vuole! Per l'amore di ser Lapo òne detto a ser Chimenti che no' gli dicha vilania e che no' gli rachordi niuno suo fallo, per ciò tu riputeresti fuse fatto nella persona tua, pensando quelo ène Matteo a ser Lapo. Dicie ser Chimenti che si vorebe fare pigliare lui e dimandare il denaio a lui e none il chavare insino dese il malevadore, e poscia andase rischotendogli egli; e 'l più delle gienti dichono che n'àe pochi a risquotere. Dicie meser Piero che gli statuti di questa terra no' si puône tenere niuno i' prigone per debito, che no' sia per charta; quando tu sarai cittadino gli potrai fare istrignere chostà e veratti fatto sanza niuno apello. Mandati la chiave della chamera delle due letta. Mandoti il mantelino della Vilana e quello della Franciescha e una ciopa della Chaterina di meser Piero: faglele mandare subito. Rimandami il barile de l'olio, perché questo che n'è quane tiene più due libre e chotesto tiene a punto la misura. Quando e' chaperi sono gunti, mandamene parechi, ché ne voglio dare parechi a meser Piero. Mandami il chonto di mona Vanna perché voglio fare ragone cho' lei, e la cintola no' fare fare. Chon questa ène il chonsiglio, che gli pare che tune abi a tenere iscritto di sua mano: meser Piero si fonda pure che ttune abi malevadori da chotesto Ghofalone che no' fosono di famiglia, e àmi detto: "Più tosto d'un altro Ghofalone che di chotesto"; ma no' di meno dicie parebegli pasase per pitizione in Palagio, dire' no' si può erare a fagli mene leghare. Chon questa fia una lettera ti manda ser Schiatta e una ser Chimenti Rachomandi a chi tti pare. per la Margherita, in Prato. Franciescho di Marcho da Prato, in Firenze. 1394 Da Prato, dì 27 di marzo. Risposto dì 28.