Al nome di Dio. A dì 6 di magio 1394. Per Filipo, manischalcho, ricievetti tua lettera; quanto dîne òne inteso; apreso rispondo a' bisogni. Di questo vino dal Palcho, inazi che ttue ti partisi di qua, mi parve chanbiato, ma no' lo volea dire, perché ttue no' dicesi ch'io avesi tropi lezi. Il vino ène beuto e no' ven'à tropo e non è suto el difetto per no' chavarne, in perciò che lla donna di ser Lapo l'ène piacuto e a' suoi fanculi, ch'ànno auto la rosolia, no' ch'abino mai mandato per eso, ma io n'one mandato ongni dì uno fiascho e della charne, quando c'ène suta della bella, n'ò loro mandata; e anchora il ghuardiano di Santo Franciescho; n'àne auto ongni dì; per noi se n'ène beuto molto pocho. De' fatti di Filipo no' bisognia che ttune mi ramenti; ma no' che di lui, ma d'una ghatta farei in sì fatti chasi chome per me. Io ci tengho mona Vana propio per lui, perché fane a lui ciò ch'ène di bisognio; e anche ci tengho, alchuna volta, mona Ghita perché gli faccia i cristei, perch'ène più vechia che mona Vanna di Chiarito; faròne sì che saràne bene servite e che ttue sarai chontento. Niccholò di Piero ci mandòne la Lapa il dì che ttune ti partisti; volila ritenere mecho chome detto m'avevi, no' vole istare perch'avea la nipote a chasa. Mandomi a dire Niccholò, venardì, per Filipo, che ttu ti chontenteresti che lla Lapa istese qui ritta isino tu fosi tornato; e tu mi mandasti a dire, il dì medesino, per Nannino, che ttu torneresti sabato, e chosìe dis'io a Filipo; ma no' di meno di ciò che si chontentase egli e tune, ch'io era chontenta; mandolaci domenicha dopo disinare, volila ritenere e fecile grandisima forza e pure ch'era istata invitata a cenare in chasa meser Piero per questa sua fanculla che v'era buondate donne. E vene meser Piero per me in persona, mentre che lla Lapa ci era; disi di none e no' v'andai, credendola ritenere. Parmi ch'el'abia asai buone ischuse, perché mona Ghaia ène in vila epure àne a servire il marito e figluoli e àne a rispondere a chi vane e a chi viene e, dice Filipo, ch'àne ongni mattina a fare isciolvere e dare del vino a' lavoranti; èmi istata migliore mona Vanna, avendo male Filipo, ch'ella, perché i' luogho mando mona Vana, che no' manderei lei; e simile òne Chiarito che non à faccenda niuna e madola per lo medicho e dove m'ène di bisognio, perché il Fattorino non ène istato tropo sano e non ène anchora bene sano, benché nane istia a giacere; perciò òne ritenuto lora, perché mi pare lo tenghino di grazia. Io sono pocha vagha di schonciare altrui, quando truovo delle persone no' si schociano e fanno loro profetto; tu sai che mona Vanna né Chiarito no' fanno nulla ma, no' di meno, iscrivine tua intenzione. Di tu' dire rispondermi a bocha mi piace, di magore ghuera abiamo fatto pace, che di questa; motegiami quando ti scrisi: "Io seghirone senpre la via ch'io m'òne qustumata e non ererone mai per chosa mi sia detta, farone altrui quello vorei fosse fatto a mene e non ererone mai in chosa ch'io chonoscerò". Delle chose di questa chasa no' ti bisognia dare manichonia e no' te lo bisogna ramentare a persona, se none a me, perch'a mene tocha più che a persona, e no' mi pare vedere meno lume che di quelle persone ti fideresti più che di me. Di questa nostra quistione no' sane che me ne dire, se nane che Dio faccia quello debe esere di meglio per l'animo e per lo chorpo. Niuna femina no' c'ène venuta qui: cierchane chostà, ch'io no' truovo niuna qua che voglia venire a stare mecho. Mona Simona vorebe uno braccio di frangia azura e uno braccio di frangia nera, che lle mancha, e una oncia di bottoncini vechi; se no' gli truovi vechi, togli nuovi; fane di mandagliti domani, se puoi. Perché il Fattorino no' si sente bene, no' ti scrivo più. Doman da sera risponderemo a quello mancha a rispondere. Chon questa àne più lettere che meser Piero ti manda: falle dare. Altro no' dicho. Idio ti ghuardi; rachomandami a chi tti pare. Mandaci il chonto di ciò ch'ài fatto per mona Simona. per la Margherita, in Prato. Franciescho di Marcho da Prato, in Firenze propio. 1394 Da Prato, a dì 6 di magio. Risposto.