Al nome di Dio. A dì 8 di magio 1394. Nicholò di Piero m'àne mandato a dire che tue ti chontenteresti ch'io andasi a Grignano e anchora mona Ghaia e mona Lapa: no' bisognerebe che ttue l'avesi detto a lui né a me, ché, s'io avesi veduto il tempo d'andarvi, vi sarei andata. Io mi maraviglio chome tue mandi a dire ch'io vada a Grignano, ché Filipo àne la terzana e più il Fattorino, che non è bene sano, ma pure che vada e no' giace, e tutto dì chascha. E più ieri la fanciulla di Chiarito credemo che si morise di bachi: mai non ebi la magore paura ch'ebi allotta. Abiamo ordinato chol maestro Matteo ch'àne fatto loro uno lattovaro da bachi e a questi dì lo debono pigliare. A Filipo tocha ogi la febre magore, dice il maestro, che ll'avese mai, ed ène chon sì grande fredo e chon chosìe grande romore, che tutti ne siamo inpacati a schaldare panni; e anchora gli tocha domenicha, sì che, pertanto, no' vegho modo d'andarvi in questi parechi dì. Io piglio lo scilopo e penso pigliare lunedì la medicina, io e Filipo, perché ci ène mona Vanna e dàlla a me e a lui. Io non n'òne male niuno, ma vogliomi purghare, perch'ène il tenpo. E più la Lucia, atingnedo una sechia d'aqua, perchose l'ochio in quella finestra del pozo; credetti ch'ell'avese perduto l'ochio: òle data della chasia e più ordino di tralle sangue sabato, chol chonsiglio del maestro Matteo, perch' é pocho pachia. Questa ti dicho, perché tu no' dicha ch'io mi pongha al chontradio ch'io no' voglia andare a Grignano. Io mando loro della charne e del vino ispeso, e pure ieri mandai loro uno quarto d'uno bellisimo cavretto; parmi, sechondo il dire del Fattorino, ch'abino molto charo chosìe, chome s'io v'andasi. No' di meno iscrivi, se pure vogli ch'io vi vada domenicha e lascierò istare ongni chosa e andròvi; ma pure mi viene uno grande ischoncio e non òne l'animo punto andarmi trastulando, perché no' mi pare del tempo ce lo dia ughanno; no' sono ita mai ughanno al Palcho né in chiesa di poi tu ci uscisti, se no' che mona Simona mandò per me mercholedì, perch'io rachoncasi la grilanda delle perle della Chaterina e no' sarei ita se no' che c'era mona Vanna. Le vigne dal Palcho sono ogi chonpiute. Mandoti due paia di panni lini per te e due per lo Chastruccio e uno paio di quegli di Cristofano e due qufioni per te nuovi, e mandoti un qufiolina per tenere sotto il chapuccia e due benduci. Faròtti di questa altra settimana il chapucio e quello vedrò ti sia di bisognio. (volgi) Rimandi uno isciughatoio che arechone Chastruccio, ch'ène di mona Nanna di ser iSchiatta e rimandami una paneruzolo e uno mantiluzu in che v'ène l'uova, e mandami quelle chalze bianche che sòne che no' le porti, che Meo n'àe bisognio. E mandaci i fiaschi e ciò che v'ène del nostro. No' ti mando pipioni, perché sono tropi picholi e noi gli mangiamo a uno a uno. Chonprati de' polastri chostà perché sono più chari qui. Mandateci qualche fiascho d'acieto e se d'egli diventa buono quella ch'io ti mandai, te ne manderò anche un'altra soma. Altro no' dicho. Idio ti ghuardi. per la Margherita, i' Prato. Franciescho di Marcho da Prato, in Firenze. 1394 Da Prato, a dì 8 di magio 1394. Risposto.