Al nome di Dio. A dì 22 di lulglo 1395. Questa sera abiamo auto 2 vostre lettere e a tutte faremo per istasera pichola risposta, perché non è di bisogno: domane vi risponderemo a quelo mancherà. Piacemi abi auto il chapucio. La lettera del maestro Matteo mandamo subito. La chiave del Palcho e quella de la cholonbaia tengho io e chosì la terò per l'avenire. Del venire io chostà sono chontento, poiché tu vuogli, chome ch'io mi chontenterei di starne questa astate qui. Meo fece ogi il pagliaio dal Palcho e tornò a nona; avevo ordinato chon Cristofano di ser Franca e cho' Nanni di Ghiduco e cho' Domenicho che ci fosono a nona e chosì feciono, e ànno tramutato tutte le tina e tutte le botti; non era lavorio da farlo fare a ogni gente, perché le sono seche; ànole portate per modo che sono andate bene: niuno cierchio n'uscì. Fece achonciare Cristofano e ancho le tina à chonce egli in su i trespoli chome s'avese a pigare, e trornò tutte e tre nella facha di verso la logia nostra e dall'altre parte ànno achonce le boti e ànnovi meso sotto due piane e più sedili, perché no' tochino tera. Penso ti parà istiano bene; fecilo loro fare ogi, perché di' che no' si sono iscioperati. Barzalone andò istamane a vedere i lengni che bisogna per lo Palcho che s'àe a fare sopra alle tina e no' s'achordò cho' lui, perch'àe sì grande paura di no' sopra achonperare, che no' fece nulla. I' òe voluto sapere da Cristofano quelo che questi lengni si sopra achonprano: dice che sono venti o venti quatro soldi; i' òe preso partito di no' lasciare, per sì pichola chosa, che questo palcho no' si fae, perché c'è di bisogno. Rimandavi istasera Barzalone e ògli fatti tôre, a buona fine il fo, perché non si può erare di simile cose a spaciarsi e il bisogno ce n' è grande, per amore de la Domenicha e pe' la pagla che non istà bene al quel modo ch'ela ène. Domattina ci debe esere Cristofano e lavoralo, mostra che noi no' gl'abiamo a dare ispese; lasceremo fare a llui. Meo arecherà domattina i detti lengni. Per Antonio Michochi mandai, ed ène venuto a me e ògli favelato e detogli quello m'ène paruto di bisogno, àmi risposto che la trave, ch'egli ti dee fare venire, che choloro che la debono arechare l'ànno preghato ch'egli lo faca sapere loro due dì dinazi, e di subito la farano venire: e questo fano perché sono in su la richolta delle tavole. Dice che ttu sai bene che no' le ti promise egli; cholui che te le promise no' te l'à arechate per amore della richolta, ma pensa di fare sie che Cristofano aràe quele sarano di bisogno. Del venire chostà per lo crocifiso, vuole venire Nanni e Domenicho di Giduco, e gli altri due sarano il Saccente e Nannino; òe loro detto che due sono grandi e gli altri due sono picholi; dichono che no' monta nulla, i' perciò ch'e' due grandi andrarno inazi e' due picholi indrieto; chontenterebosi di venire sabato sera per tornare qui domenicha e no' si iscioperebono, perché lunedì no' guardano. Rispondi e di' quello vuogli si facia. De' pipioni ti manderò. Nicholaio Martini no' tenghono che sia pegio che si sogla. Se ttu vedesi piovere, né di pagla né di lino no' ti dare manichonia, ché tutto ène salvo. Del lengne minute vi manderemo, se si potrà. Ad Antonio di Forese òe detto quanto iscrivete: chome no' volete la promesa del Dettera, dice che troverà modo di dargli subito. I' òe detto a Mattarello de' f. XII: dice che no' può vendere il suo vitelo e, se voi lo voleste, che lo vi darebe volentieri e chosì e cholà e chostà dice no' può venire. Altro no' dicho. Idio ti guardi senpre. per la tua Margherita, i' Prato. Di poi ce n'è suto questa mattina Piero di Nicholaio e dice che gl'è istato istanote molto bene. Franciescho di Marcho da Prato, in Firenze. 1395 Da Prato, a dì 23 di lulglio.