Al nome di Dio. A dì 13 d'aghosto 1395. Questa sera, per Arghomento, abiamo auto vostra lettera e quanto dite abiamo inteso: apreso vi risponderà a' bisogni. Se Lorenzone verà qui, il faremo charicare chome tue di'. Di mandare a vedere le legne a Feghine no' mi pare da fare, e non so bene chi io vi mandasi che se ne intendese. Il dì del merchato farò vedere per lo lino; se vi sarà buona derata, ne farò chonperare quela quantità che a me parà. Il pano de' manichini ebi due peze, e 'l farsetto no' s'è chonpiuto, perché non c'è il maestro. Nicholaio Martini si sta pure a uno modo: in verso di lui farò chome tu di'. De lo fatto di Lodovicho di ser Iachopo farò fare al Fattorino quanto di'. Del fatto de' libro non v'afrettate però che mona Diana di meser Iachopo Zarini me n'à prestato uno per insino a tanto ch'io n'abi uno a mio modo, ed ella no' se ne isconcia, perché n'àe un altro. Del provedere qua, no' ti dare manichonia, che no' t'è di bisogno. La lettera di Barzalone, daremo, e dirogli intorno a ciò quanto m'ài iscritto. L'agresto è fatto e abiàne enpiuto il botticino che fue di Lorenzo e abiane enpiuto uno bariglone, che la Franciescha mi mandò ch'io l'enpiesi. I' òe fatto choglere tutto quello da l'orticino e òne auto una parte dalla Chiusura e una parte dal Palcho, e sone molto malchontenti i lavoratori che se ne chongha e, a mio parere, àno ragione, perché sono molte poche uve; pertanto mandamelo, se vedrò modo d'enpielo, l'enpierò. Io avea chiesta la parola al podestà di poterne choglere in su i fosi, ma gli Otto l'aveano fatto tutto choglere cholà dove noi sogliamo mandare per quelo salvaticho; m'è detto no' ne lasciano uguano choglere a persona. De' l'erba vedrò se c' arà modo di farne choglere e sì lo farò. Noi, abiamo ogi dato sei paia di pipioni a Bernardo Ciecholini e più no' ve n'era che buoni fosono; e' polastri ti manderemo per Cristofano di ser Franca domattina, se gli vorà arechare. Delle lettere faremo quanto di'. E' fiaschi abiamo auti. Qui abiamo bisogno di mandare del grano a mulino: dici di quale vuogli togliamo. E mi pare che per le tue lettere che ttu deba esere molto manichonso, di che m'è grande manichonia. Del fatto della pichiatta che mi di' ch'ài ricevuta a Narli, arei charo d'avere saputo la quantità, perché le manichonie vorebono esere secondo la perdita; in questo mondo non so vedere che rimedio ci abia se noe di fare bene e di rimanere per contento di ciò che aviene, che, se noi fosono savi e conoscesomo noi medesimi, rimaremo per contenti di quelo che facese quelo dolce Signore, che no' ci pulisce secondo i peccati nostri. Io ti priegho che tu no' vogla d'ongni cosa chonsumarti a chotesto modo: a mio parere, non ài ragone, anzi ài ragone di 'graziare Idio più che altri uomini, e chosì ti priegho facci, che questo male ci faciamo noi istesi. Racomandami a chi tti pare. Idio ti guardi senpre. per la Margherita, in Prato. Franciescho di Marcho da Prato, in Firenze. 1395 Da Prato, a dì 15 d'aghosto.