Al nome di Dio. A dì 27 d'ottobre 1397. Per lo figliuolo di Ridolfo di Lanfrancho ne ricevemo una tua e chon eso una andava a Nicholò di Piero e una a Barzalona e una a ser iSchiata e una a Biagio di Bartolo e una a Iachopo da San Donino: tutte le feci dare in questa sera, sì che stete bene, e per questa ti rispondo. A Nanni di Ghuiducio abiàno favelato del fodero della moglie e dice che lo vuole che lle chapia sopra la ghamura e che sia agiato e cholle maniche e che no' sia isparato dinazi; ora, perché ela ène una donna molto grosa, manderò domane per Nanni e diroli le facia provare uno de' mia, ed io gle darò e, se le starà bene, te lo manderò che lo tolghi a quelo asenpro. Domane verà ser iSchiatta a me, e aviseromi d'ongni chosa. Io mi sono diliberato, poscia che tue non torni, di mandarti Nanni ed e' ti viene volentieri a vedere, e a bocha t'aviserà di quanto c'è fatto e se tue vorai avisarlo di nula, potrai e, se v'arà nula da mandarne, potrai. Delle tinche sono liete ve le abiate mangiate. Dice Nanni ch'io no' lo so io che gl'è di quello grano che si vagliò per la famiglia, e l'atra farina era loghora. Io mandai per la madre di Simone e profersile e disile quanto mi parve: ela mi rispose ch'arebe gran bisongnio di quatordici o di quindici fiorini, non per vivere né per ispese, ma per lo rapiglamento de la dota sua che dice non sa che modo si tenere che non n' à che inpengniare, e preghòmi te lo iscrivesi, e questa è chosa non si può fare sanz'esi. Io vi mando parechi fichi e parechi fave per la Cilia e per chotesta fancula; e mando parechi fichi e fave e ceci a monna Giovanna zia: mandaglele. Diteci da chi volete si tolgha de' docioni per l'acquaio e per per la ghuarderoba si fa a l'orticino, perché no' ce n'à. Altro no' dicho. Idio vi ghuardi senpre. per la tua Margherita, in Prato. Franciescho di Marcho da Prato, in Firenze, propio. 1397 Da Firenze, a dì 28 d'ottobre.