Al nome di Dio. A dì 23 d'aghosto 1398. La chagione di questa si è per farti a sapere che il fancullo è giunto ed ànnolo arechato molto bene: abiallo mandato a quella femina che ce lo deve tenere tanto che noi n'abiamo una buona. Idio mi dia grazia ch'io n'abia onore, ché di questa chosa non ne vorei mai esere inpaciata, che se ne può avere verghogna e nonne honore per molti chasi che posono avenire; ma io farò della mia parte quello ch'io debo, e Idio faccia i' rimanentte. La ciopa m'à promeso il sarto che veramente ella sarà chonpiuta istasera: manderòtela il più tosto potrò. Le chose dello Schiavo non ti mandiamo, ché mostra che sia ito a peschare e non vi si truova ed ò mandato ogi due volte per lui. La chovertina della mula ò fatta cerchare e non la trovava; ònne auto manichonia credendo ch'ella fosse qua ed e' mi dichono che ll'è chostà: mandamela, se tu vuoi ch'io la faccia, in però ch'io no' lla vo fare, se non sopra quella. Dice Filipo malischalcho che farà della mula meglio che se tu ci fosi ed àlla fatta inpiastrare cho' matone crudo pesto fatto choll'aceto. Per fretta non diciamo altro, perché vuole partire l'aportatore. Idio ti ghuardi. per la tua Margherita, in Prato. Francescho di Marcho da Prato, in Firenze. 1398 Da Prato, a dì XXIIII d'aghosto.