Al nome di Dio, amen. A dì III di maggio 1399. Ricevetti tua lettera, la quale diceva nella Francescha e in me. De l'essere tu venuto per ritrovarti con esso noi, aremo di questo gran piaciere, innanzi che tu fussi andato in quello romeagio che tu (à') andare, e non n' è piacere di Dio che noi ci doviano ritrovarci insieme e quante questa è pena alla Fancescha e a me; Idio, ch'è di sopra, il sa, come noi abiamo avuti dua e' pigior dì che noi avessimo mai, per più chagione, e niuno rimedio ci si può mettere per noi: se ci si potesi mettere, tu tte ne avedresti. Nol so se ttu tti sai lo stato della Francescha: e' gn'è XXVIII mesi che Nicholò falli e no' gni rimase niuno vivente, ben'è debito sopra la persona f. 500, le quali l'à promesso Francescho f. 200: e questo fece perché lla Francescha, né lla fanculla sua non ne andassino per lo mondo; e gni amici e sua parenti gnene promissono f. 300: e tutto fece a preghiera di Francescho. La Francescha conviene ch'ella si guadagni delle mani sua la vita sua. Niccolò è veccio e pocho sano; ed èssi fatto sansale e 'gegnasi di guadagnare la vita sua megno che può. I' ò lla fanciulla sua in chasa, convienmele fare le spese, e 'l mascschio à mandato Francescho a Maiolicha; sì che vedi quanti pesi Francescho porta per me e sa' bene come n'ò ttenuto che niuno de' fignuoli di Domenicho non n'è che non n'abiano avuto chualche chosa, salvo ch'io, e tu llo sai, quande tu fusti qui l'altra volta che te ne portasti masserizie e danari ch'erano in sul monte, e non facesti chome fanno di molti fratelli che inpegno' lla persona loro per raconciare le sirocchie loro, come debono. Tu à' tanto fatto, tu e lla madre mia, ch'i' ò sì turata la boca in contr'a Francescho che d'io non ardischo né di tuo bisogni né di tuo né d'altri mie parenti, non di meno, perché tu né gni altri non abiate fatti quello che voi dovete, s'i' potessi, non fare' chosì in contr'a te. Io istò bene per la persona mia ed ò ciò che m'è di nicistà, per modo ch'i' vorre' poterne compartire a te e agn'altri mia parenti, quande n'avessino bisogno; come ttu sai non n'ò nulla, per tanta abimi perr iscusata. I' t'ò racomandato a Francescho quantunch'i' posso: altro bene non ti posso fare. Ricordati che Francescho à 60 f. di prestanza, e ò paura che 'l comune non disfacca lui chome gn'à disfatto gni altri. De' fatti della chasa che mona Gianora volle vender questa chasa e noi di qua le demo senpre noia ch'ella no' lla potesse vendere, ed ella, vegendo ch'ella no' lla potesse vendere, fece procuratore messer Filippo Corsini ed egni sì ll'à convinta da questo Comune per modo ch'ell'è sua, e di questa ne puoi levare via ogni tua isperanza, tu e ogni altre persone. Du di' di venire in Firenze e, se tu dovessi istare in Santa Marie Novella, questo di lieva ogni pensiero. Pregati, la Francescha ed io, ti debia piacere di non pericolare te e noi, ché lla consolazione di trovarsi insieme ci potrebe tornare in gran dolore, perché noi siamo maninconose e non sapiamo dove noi ci siano. Per tu' amore aremo charo che tu ci scrivesti una altra lettera e che tu ci avisassi dello istato tuo. Per la ventura ci pensiamo pego che non n'è: piccon rimedio ci possiamo mettere e non di pregare Idio per te. Per fretta faremo sanza più dire. Idio ti guardi Da Firenze, a dì 4 di maggio. 1399