Al nome di Dio, a dì primo di settenbre 1395. Questa mattina, cioè istamani, ebi una tua lettera e quanto dìe òe inteso: apreso rispondo a' bisongni. La chagione ch'io feci fare risposta al Fattorino se fue ch'io mi sentiva la sera di malavogla e perché no mi parsa averti a dire niuna chosa che fose di grande bisogno, che s'io avesi veduto il bisogno non arei lasciato perch'io mi fosi sentita male; ma a lui disi ti scrivese quelle chose noi avavamo riceute, ed egli dice che avendo per iscritta ciò che voi gli avate mandato, dice no si qurò di contare ogni chosa. Io no credo che siano istatti molti, da poi fosti chostà, no ti sie iscritto, e non è istato mai che quando i' ò veduto il bisogno, ch'io no sia istato chon eso lui a scrivere. E se tu dì che veghi la sera e lievati la mattina, io te lo credo; ma io non so dire io quello ch'i' fo e no mi pare di nicistà dirlo. Io atendo giusta mia posa a fare quelo ch'io credo che sia di tuo piacere e di mio onore e no mi churo di scriverti ciò che io fo perché no mi pare sia di bisogno: parmi che ti deba bastare ch'io faccia quello ch'io soe. Tu dì non ài grado dalle genti di questo mondo di chosa che tu faci: io credo che ttu abia asai chonpagni. Se io sapesi iscrivere farei quello che ttu dì ch'i' ò già ripreso te perché farei il dì a tutte l'ore; ma noi abiamo la sera la lettera alla chanpana e tuttavia ci chonviene tenere qui due beste perché la mula inpaza ogni volta rimane sola e tu sai ae àuta male ed àcci data tanta faticha quanta noi abiamo potuta portare e nell'animo e nella persona. Idio m'àe fatta tanta grazia ch'ella è guarita che vi s'è chonvenuto andare tremila volte a Filipo perché àe tanta faccenda ch'era dì sono suti per la mio disaventura che no sia istato fuori di questa tera e chon questo non è istato niuno dì non sia chonvenuto andare due o tre volte al Palcho perché sai vi s'è lavorata la tera e anche Cristofano v'àe lavorato e òe fatto tuttavia quocere qui perché sai bene uno che quocha no può provedere a l'altre chose. E ieri ordinai vi s'ebe tre paia di buovi e tiròno le tre travi ch'erano al mulano al Palcho e ogi è auto Cristofano al Palcho e Fattorino v'andò ogi a vespro e crede abia ogi chonpiuto. Mandai per lui: non è voluto venire, feci legere la lettera al Palcho. Io penso Cristofano, poscia àe choperto il tetto, no vi vorà lavorare più insino no se' qui e io penso sarò il meglo. Del fatto di Nicholò di Piero vi dirà Fattorino a bocho poché no vi sa scrivere i modo le 'ntendiate. Il grano valse chomunale s. 21 e l'orzo valse, la cima, s. 12 e conperamone istaia due, e spelda s. 8 e choperamone istaia 7, panicho s. 14 e conperamone uno istaio; e vecce valsono s. 14 e fave s. 12 e lupini s. 8 ed ongni cosa vi fue, montò pocho. Abiamo fatto fare i feri per la mula e domattina la faremo ferare e doman da sera la ti manderò per Fattorino. E 'l Fattorino, chom' io t'òe detto, se è sentito tuttavia male poi ti partisti di quinci e istasera mi dice di nuovo che gl'è uscuta fuori l'anguinaia per modo che se viene chostà no pensa tornare qua se noe guarito. E anche n'àe per Prato di quegli che n'ànno, sì che sarà pure buono che ttu torni qui perché no m'arischio a fare venire qui Meo perché dubito Antonio di Bonanno ne 'l faci piglare: faròlo domane fornire a Fattorino, se potrò, di quelo sarà di bisogno per due dì. Istamane mandai meza la lettiera al Palcho quando Cristofano n'andò al Palcho; domattina avevo ordinato di mandarvi l'altra, ma Cristofano no vi va domattina. Feci chonperare 9 paia di ghalleti perché no ce n'avea niuno ghalletto: ebesene asai buono merchato. Farò sanza più dire perché il Fattorino no si sente bene. I panni miei poche me ne quro. Se tu gli vuogli arechare, arechagli; chostà àe una mia ciopa e uno mio mantelo. Se gli vuogli arechare, arechagli che quanto io me ne quro molto pocho. Io sono più chontenta d'erare nello scrivere che s'io erasi ne' fatti. Idio ti guardi senpre, per Franciescho di Marcho, in Prato. Franciescho di Marcho da Prato, in Firenze. 1395 da Prato, a dì 2 di ssettenbre.