Charissimo fratello, ricevi da voi una lectera di vostra mano, la quale vidi molto volentieri. Et quanto avette fatto di verso me e l'Antonia mia donna quanto più posso vi ringrazio. È piaciuto a Dio cavare monna Dyanora delle fatiche ch'à portate in tanta e sì lunga infermità inperò che a dì XI di questo mese redde l'anima a dDio. Piaciali averle data la sua misericordia! È sempre stata in buono conoscimento, parlando come sana insino a l'ultimo punto. Io le parlai di quello fui avisato da voi più giorni ançi morisse quanto honestamente seppi, e brevementre, non avendo da llei quello voleva, ne parlai com Boninsegnia, e fumo insieme, ché mmi parve il meglio, al conffessoro di lei, informandolo di quanto monna Dyanora era obligata algli altri gieneri, e di questo le facesse consciença ançi facesse il suo testamento. In effetto questo frate è molto mio amico. Fece quanto gl'imponemo e, per se solo e presente ser Martino, le disse tucto. Ella rispuose non essere obligata né aveva a fare consciença verso altre figliuole o generi, se non verso Giachi però non aveva auta da llei mai la dota della moglie; apresso aveva prestati e sì a llei e sì a' figliuoli assai denari. Come il testamento si stia, non vi scrivo però l'arete da Boninsegna. A monsingnor di Napoli e messer Boninfaçio vi racomandai, ché in quel dì gli ordinava la purgagione, e molto vi si rendono obligati inperò messer Boninfaçio, presenti molti borgesi e altri assai, parlando di voi, non si poteva saçiare in dirne quanto gli avate fatto di doni e di presenti e di denari prestati, e par veramente tucto vostro. Dissili del libro non avete ancora auto da messer Gian Bruni, e come l'areste, il mandereste. Dissemi scrivervi una lectera. Non so se l'à mandata. Se me la drà, la legherò con la mia. Da poi ebbi un'altra vostra lectera di mano del vostro iovane, per la qual monstra Monte v'abbia detto l'Antonia mia donna debbia venire di qua ora in sulla nave Santa Maria. Maravigliomene però non aveva scripto anchora la mandasse, ma ben che s'avisasse di compangnia e d'afittare mie terre e case, e per altra gli scrissi per tante armate di galee e cose quante ocorono mandarla fosse pericolo, e però soprastesse. Ma pur, se venisse salva, sarebbemi grande gratia e dammi fide alcuna a credere elle potrebbe venire, ch'io odo che Giovanni del Bello ch'è vicino di quelli miei cugnati rinpetto a' Lioni in su questa nave medesima ne dee menare la sua donna. Se così fosse, Idio gli conduca a buono porto sani e salvi per sua gratia! Io aveva scripto a Monte essere di costà, finito qua il secondo anno, cioè d'octobre, non per stare ma per mettere in ordine miei fatti, ché gli lasciai assai male ordinati, e poi sopravenuti per la morte di monna Nicholosa. Se lla donna venisse, uscirei da quel pensieri, et darò quello 'mpaccio a voi e Monte. Antonio ch'è stato meco alla ricevuta di questa so sarà giunto costà. Èssi partito da me di concordia. Òllo pagato di quello Monte gli promise per me. La sua partita è stata per honore e utile, credo di lui e di me. Arei caro si fosse partito prima, quando volli in sulla nave Santa Maria, e ponevalo Piero Borsaio a Pisa sança costo. Etiandio ora non volle Antonio astetare dal martedì al sabato, ché ll'aveva aconcio Boninsegna con uno medico da Melano, e tornava a cavallo e sança gosto. À voluto fare a suo modo. Se v'à danno o spesa, increscemene, ma dolgasi di se stessi. Apresso ò veduta una lectera mandaste a Guido di Ridolfo. Io l'ò sollicitato che procuri i denari che scrivete e solliciterò. Parmene bene disposto inperò che dicie fu cagione, quando era crucciato con voi, non gli avesse. Dicie Guido n'à parlato e crede fare sì gli riarete tosto. Non so come ne farà. Aviserovi quanto ne sentirò. Io e questi vostri stiamo tucti bene - lodato sia Idio! - ecepto uno garçone vostro, nipote di ser Martino, ch'à nome Salimbene. È pur stato grande tempo infermo e non par possa bene liberare, come che sia migliorato. In effetto quest'aria non pare gli sia buona. Come ò detto a ser Martino, io il manderei di costà, e forse strebbe più sano. Gli altri vostri stanno bene, e bene e sollicitamente fanno fatti vostri e loro. Jacopo del Nere andò yersera, cioè la sera della Pasqua dello Spirito, a piedi a Santo Antonio per uno voto fece l'altro giorno quando la sua donna partorì [ms. partire], ché fu in parto in grande pericolo e fecie uno fanciullo che visse forsse due hore e a San Piero si bateçò di notte. Pregovi quanto posso vi vogliate guardare e vivere con regimento che stiate sano. Questo avere sì spesso male voglie singnifica voi nel vivere ve regiete male. Salutate da mia parte monna Margherita e Nicholò e 'l maestro Giovanni nostro, e diteli ch'egli è più pigro di me in scrivere. Io gl'ò scripte due letere. Mai n'ebbi risposta. Da Monte è più d'un mese e meço non ebbi lettera. Ora non ò agio scrivere però m'è detto il fante si parte subito, sì ch'io nonn ò agio. S'i' arò tempo, scriverò. Idio vi guardi sempre! Pregovi mandiate quest'altra mia lettera a messer Filippo Corsini e mandate alla donna mia come sto bene. Per lo vostro maestro Naddino in Vingnone, a dì XVIII d'aprile [= maggio]. [sul verso:] Franciescho di Marcho da Prato in Firenze propio. [mano: differente da Francesco] da Vignone, dì V di giugnio '388. | Risposto, dì 6.