Al nome di Dio, amen. A dì 18 di marzo 1395. L'utima vi scrissi a dì 10 per da Pixa cho lettere de' nostri e per essa vi dissi quanto fe' di bisongno, aute l'arete, poi niuna vostra ò e ora dirò brieve. Dissivi chome Stoldo mi scrisse vi savate doluto forte di questi conti s'ànno a fare chon questi di Basciano perché a fine non si traghono, e avete ragone e pur tenpo n'è ogimai, ma sapete bene che per noi non è restato che, poi ci sono, son senpre suto presto a falli cho loro pure che voluto avessono. E voi sapete sono gente lunghe e poi nel vero, Francescho, Guiccardo non ci è stato fermmo 1 mese per volta sì che no v'à potuto atendere. E se volete dire e v'è Francescho di Basciano a chu' tocha, è vero ma non sapete voi chi gli è: a me non pare potesse soferire a starvi a piè a questi conti per darvi fine. E poi à questo suo uficio de la Badia de' fustani che pocho mi pare possa atendere ad altro e però mi pare, se questo fatto deba avere fine, si fia ora se Guiccardo sta ferro chome spero. Apresso vi dissi chome la sera dinanzi Guiccardo tornnò da Vingnone e come portò lettera da Boninsengna dove ricorda questi conti a me, di parte in parte, come gli ò per ordine e, secondo mi dice Guiccardo, Boninsengna ne 'l gravò forte e simile fa a Francescho per lettera. E cho l'uno e cho l'altro sono stato, e detto sopra questi fatti quanto m'è paruto sia bisongno e in buona dispusizione n'è Francescho e insino a l'utimo questo dì ò auto questa risposta da lui e per sua parte ve la dicho. Ghuiccardo si è tornato, chome detto v'ò, e si pare secondo mi dice elli e Francescho che ànno a fare insieme loro conti di queste andate da Vingnone di loro roba venduta e conprata e che pensa bene tra qui e Pasqua avelli aconci. E poi vuole, passato Pasqua, in sul mezo aprile, mandare Guiccardo insino a Pixa per loro bisongni e vuole vengna insino a voi per ragonare sopra questi conti, e più sopra que' di Pixa che d'altri, perché secondo loro dire se ne tenghono gravati e potrè 'serr arebono torto. E al tutto mi dice è disposto, poi che sia suto in costà Guiccardo e tornato qui, che vuole se ne chavi le mani o per un modo o per un altro e che del vostro non vuole u mezano. E se dare vi dovrà, e farà che sarete contento quanto ve ne dichono quanto far si può e credo v'abi buona intenzione, come il dice, e non mi pare sia altro ch'una chosa che 'npacci, ch'egl'è un pò lungho. Non si può altro per solicitare: noi no resterà e che non si debino fare che poche volte e mi ritruovi cho lui che non ne li dicha quelo mi pare. Ora, a quanto e m'à detto, gli ò risposto come è suto di bisongno e che del suo no vogliamo niente e per danari ci restasse a dare non 'l facciamo di dirnne tanto sopra questi conti, ma solo perché abino fine e che più non si 'vechino e che si rimangna insieme come si dè a amici chome sete stati per lo pasato e sarete per l'avenire cho la grazia di Dio. Anchora gli ò detto sopra la parte de' f. 255 trassono a Gienova a Giovani de Richo chome a ragone non ne dovete portare danno voi per le ragoni m'à detto Boninsengna e che dè 'serr la verità. E sì m'à risposto ora chome altra volta che se vo' li mostrerete, per lettera di Giovanni de Richo o per suoi libri, che questi danari fossono posti a loro conto, e vegia sia ragone, il danno debino portare elino che non ne farà parola. Sì che queste chiareze si vuol vedere da fare e, se si potesse mostrare a la venuta di Guiccardo, mi pare sarebe buon fatto. Pensomi le farete cerchare che, secondo Boninsengna mi disse una volta, voi dovete avere la copia de la lettera del chanbio che Basciano fe' a Gienova quando li mandò a pagare e simile la copia della lettera, overo la lettera di Basciano, che scrisse a Gienova a Giovani de Richo quelo dovea fare de' danari e come li dovea rinvertire in sue cose. E più dovete avere la chopia chome sta la scritta in su libro di Giovani de Richo sì che, avendo queste apresso di voi, mi penso dovranno bastare loro. Apresso, sopr'a' conti di Pisa, di questi si dolghono ellino forte e dice non fu fatto quelo chomisono loro e che delle lane perderono forte e el danno non ne deba portare elli, né vuole, se ragone sia. E sì mi dice fa cerchare lettera de' nostri di Pixa e che per Guiccardo ve la farà vedere tanto che basterà. E sì mi dice che vi chonosce per sì discreto che, se vedrete abi ragone, glele darete e tuttavia, che tra voi non fossi d'acordo, egli à tanti merchatanti qui e altrove che la chonosceranno. Sì che, se vi pare, fate cerchare le lettere loro dove scrissono sopra queste parti quanto voleano si seguisse di loro fatti: sarà buono per potere mostrare a Guiccardo quando vi sarà e quando mostrerà quelo ànno de' nostri. Di questo fatene come vi pare: a lui n'ò risposto quelo ne so e che paruto m'è e come ò pe conti mi mandasti più dì è. E questa è sua risposta e sua intenzione secondo m'à detto e spero, poiché Guiccardo starà fermo un pezo, che aranno fine e per no no resterà, che a Dio piaccia. Parmi conprendere, chosì nel parlare di Francescho, si vede eserr debitore perché mi disse: «Se io arò a dare a Franciescho i' so bene, se non gli avessi così presti chome saranno fatti i conti da potello pagare, che m'atenderà un pocho tanto ne sarò più destro», perché à inpaccati i suoi al presente ed ènne inanzi a stretta che nno. Quanto per me li rispondo che ongni achoncio li potessi fare, non che questo, il faresti volentieri chome mai e non che questi danari, quando bisongno fosse in suo prò e onore, li presteresti degli altri, e auto à bene la risposta. Son genti che si chonviene avere a' versi e per dolceza e genti che si chonvien piatire e voglia altri o nno. E questo nonn è di questi ma vuole inanzi buone parole ch'altro e per questo verso vi si tirerà più tosto ch'altrimenti e niuno torto però no gli è fatto, pure che se ne vegna a un fine, e che siano d'acordo de resto e che sapiano quelo dè dare, poi al pagamento ben si troverà modo. Se vi pare sopra questa parte falli un verso non sarà per aventura altro che buono perché mi pare voglia inanzi buone parole ch'altro. Sete savio: tenetene que' modi vi pare quant'io, per la parte mia, farò gusto mia possa quelo che debito m'è. Ebi ieri una lettera da Stoldo vechia de dì 12 di febraio ch'è venuta per da Pixa. Ora e mi scrive per vostra parte, poiché non si voglono arechare a chontare chome si dè amichevolmente, se fosse da eserr a piato qui e inanzi al Singnore co lettera d'amici e prima de Singnone di costì. Quanto a me non pare d'anpaccarsene per ora per niuna chagone. L'una perché e mi pare disposto a volere si faccino, e poi Guiccardo è tornato che vi potrà atendere. E apresso costui à tanta amistà in Corte che l'aresti mal credere e poi v'à parenti e, tutta volta che si comincasse, andrebe per la lungha più non vi pensate e chonverevisi provare di costà che sarebono mal agevoli tropo tropo [sic] ci sarebe da fare inanzi che questa tela avesse fine e dir se ne potrebe assai. A me non pare da entrarci ma pure dolciemente come abiamo chomincato: e questa brigha, come ch'a me è piacere pure vegia il fine, vo' tochi a me poi ci sono ch'i' mi penso ne trareno le mani se piacerà a Dio. Or tuttavia, che in questa parte avessi detto contro a vostra volontà, mi perdonate e sia per non detto esendo mia cosa propia che chosì li reputo: per la fede ò in voi, i' non ne terei altri modi vi dicha. Dicea Stoldo che, come avessi risposta di questa parte, deliberesti se Stoldo dovesse montare a chavallo per qui venire per questa cosa. Potetene fare chome vi pare e, venendo, ci fareno pocho per questo o per quelo sia a fare tra noi e loro: tuttavia che vi ci poremo, in 8 dì ne saren fuori. Come v'ò deto, i' ò da Boninsengna che qua a mezo aprile, come arò dato fine a certe chose s'ànno a fare in questo mezo, vengna insino costà e chosì m'ingengnerò di fare e si potrò di venire insieme chon Guiccardo che bene l'are' charo. E se questo chamino di Vigliana fosse aperto, sare' bene spaccato a tenpo ma i' ò roba nostra e d'altri che inanzi parta la vo' mandare perché a dietro non mi vo' lasciare niente e innazi soprastarei però che non vo' né danno né verghongna. Provederàssi per me come farà di bisongno e voi di chontinovo aviserò. La cotta domandate per Ridolfo di Lanfrancho ò cerchato fornire e non c'è in tutta l'arte una sia bella come vogliamo e che sssia per lui. Neanche Simone Corente non à niuna fatta ma, secondo mi dicie, n'à una a tenperà che sarà in sul modo domandato. Quando sarà in punto, se sarà cosa per noi, la torrò, se nno ne farò fare un'altra, prochaccerò ne sarà ben servito. Costerà di Simone f. 18 in 20, d'altri maestri 15 in 16 esendo bella. E pure i lavoro di Simone Corente è vantagato da l'altro! Come l'arò la manderò a Pixa vi sia mandata e voi n'aviserò. Al presente si fa pocho qui, Idio megliori. Farò sanz'altro dire per questa. Cristo vi ghuardi per Tomaso vostro vi si racomanda. Francescho di Marco, in Firenze. Propio.