Al nome di Dio, a dì 19 d'ottobre 1396. Ebi una tua e perché è risposta d'una ti mandai e sono avisato di quello ti scrissi non bisongna fare tropa grande bibia e però sobremente te rispondo apresso. Sono avixato l'eser tu costì per stallo fare di che mi piace come di caro fratello poiché è di tuo contento e prego Dio ti presti di sua grazia come disideri. Chome farasi ti ricordo ne sia conoscente se savio, sì che non bixogna mi distenda in altro dirti sopra ciò: dei eser certo o caro udir di te come vorrei di me udissi. Non potesti avisarmi di quello ti scrissi a pieno per non eserne informato, sia con Dio, da Lucha n'atendo risposta. Io non ti so dire se io starò qui o Vinega: sapralo avanti sia molto però qui atendiamo uno de' magiori e dilibereremo di mia stanza e te n'aviserò. Le proferte omai restino: ài a fare quello conto di me che di te stesso, sì farei di te, e a giornata te n'avedrai se achadendo. Tomaxo ò salutato, per uno 100 te ne manda, certo è giovane da bene. Egli è costì per Giovanni Asopardo uno non ci fa tropo il dovere e non possiamo da lui avere risposta e però ti mando una qui che va al deto, e a lui dicho la ti dia, e però dàlla e fai d'avere la risposta e a mme la manda con quella di Tomaxo, pregotene in servigio. Non t'ò altro a dire, a' tuoi comandi presto. Cristo ti ghuardi. tuo Pietro di meser Lorenzo in Milano. Simone d'Andrea da Prato, in Barzalona.