Onorando amico carissimo. La risposta ch'io vi feci nell'orto, quando usaste cortesia di venirmi a vedere, fu vera in tutto. Non tornai poi a veder voi nè a con voi riposarmi, perchè poi non capitai a Prato se none passando, e con nullo mi vi rattenni, se none quella sola sera sapeste ch'io fui con messer Guelfo, per aver tempo di dirmi certi suoi fatti. E però la vostra carità, che fia tanta, che prima perdonarà ch'ella ne sia richesta, m'arà auto per iscusato. E così la priego. Solo una cosa v'ho a dire, e per questo presi la penna; la qual cosa io dimenticai nella risposta dell'orto: e questo è, ch'io vi raccomando i figliuoli d'Andrea di Matteo in ogni caso occorrente. Io mi ricordo che dell'ultime cose che 'l padre loro parlò al capezzale, quando più s'affrettava a rendere ragione al suo signore e creatore Iddio, e' disse, in mia assenza, perch'io era a Firenze: Voi che siete qui, raccomandate da mia parte i miei figliuoli a ser Lapo! La qual fede in me, io non debbo mai dimenticare. E certo, se mi fossono presso più che non sono, qualche volta ne renderei loro merito. Ma bene astetto che Iddio m'apparecchi cosa da potermi per loro affaticare: e parmi che 'l facci ora, cioè ch'io ve gli raccomandi come vostri e miei parenti, e a me amicissimi. E per amore di me abbiate senno e per loro e per voi; chè lo stato vostro e 'l tempo il dà. Più non dico; e da voi non attenderò risposta, chè non ci cade: basta ch'io vi dica, a voi mio amico, il mio desidero. E se a loro ho a dir nulla, o a loro far nulla, io il farò. E di lor fatti vi parlo in genere; chè in verità non so nè vostri nè loro pensieri. E di questo mio scrivere niente sanno, per la fe di Dio! LAPUS vester. IIII ianuarii.