Francesco, Lapo vostro salute e buono amore. Non vi sia fatica per grazia di me leggere una lettera legata con questa; poi, serrata, operare ch'ella vada a Vignone, o quivi presso, dove Giovanni fosse. E se l'animo vostro si contentasse, per reverenza di Dio, prestare a questa povera qualche tre o quattro fiorini, tanto ch'ell'abbi risposta; o, se mai non l'avesse, donagliele per l'anima vostra, io vi priego ci pensiate. E come ch'io sappia che a piè dell'uscio n'avete tutto dì innanzi di simili pietadi; pur, costretto da buono spirito, vi rappresento ancora questa innanzi. E a me perdonate della mia prontezza: ch'io non so che cosa s'è, o che caso o condizione tra voi e me, che non è niuna materia sì segreta, che con voi io non ragionasse come con meco medesimo. E cognosco la vostra condizione per tale, che ove io fallasse, m'arete prima perdonato ch'io cheggia il perdono. A Dio v'accomando. E di lui ricordarvi spesso, che v'ha tanto onorato al mondo, vi conforto e priego. LAPUS vester. xx ianuarii.