Magnifico signor mio, ec.. Gran voglia ho auta nella vostra tornata abboccarmi con voi; e veggio che le faccende in che vi trovate non mi lasceranno. E io non so bene i costumi della terra; e temo s'io venisse a voi, non torvi troppo tempo. Io disidero, fra gli altri, d'esser vostro servidore e di Francesco Federighi, per la vostra buona fama; come che Francesco m'abbia troppo ispronato addosso, col senno suo. E priegovi reverentemente, signor mio, che dov'io abbia verità e ragione, io vi sia raccomandato; e non altrimenti: e che voi degniate ricever me e le mie cose per raccomandate; solo in quanto suona il titolo e l'uficio che tenete; che dove alcuni mi sbigottiscono per lo braccio avete del Comune, pure e savi me ne confortano, perchè siete tale ch'avete a calere Iddio, e siete uomo ch'avete paura dello errare. Do! savissimo uomo; el vostro Gonfalone mi grida a dosso più per avere io v lire d'estimo, che per altra cosa. Al tempo ebbi quell'estimo, non avea nel terreno di Firenze se none una vile casetta; e niun altro mio bene poteano obligare i Pratesi: e allora Ambruogio Bini, ch'era per fallire, avea in mano ciò ch'io avea. Or se poi Iddio m'ha prosperato, perchè mi nuocono le v lire? che essendo io iscattato, non m'eran però iscemate! E ora so ch'io sarò qua caricato. Conchiudo reverentemente, che vi piaccia dire a' vostri Regolatori dello spaccio di questa quistione. Iddio mi dia grazia ch'io vi possa meritare la noia vi do per questa lettera. E facciami grazia ch'io sia vostro servidore: che bench'io sia disutile, ancor m'arete caro, e sarete contento non aver operato contr'alla ragione. Se altrementi fosse informato dagli uomini del vostro Gonfalone, la verità sta pure in suoi piedi; e i Regolatori penso bene la sappino. Iddio vi conservi nel vostro buono stato, e facciavi suo amico.