Feci l'ambasciata a Stoldo; cioè, che attendessono vostre cose, come 'l tempo fosse d'esser presenti a riceverle e a governalle; e che operassono con Niccolò, che subito mandasson per lui. Così disson di fare, egli e gli altri del fondaco. Se non trovaste in niuno modo bestie, e' ci ha spesso de' muli che stanno in sugli aberghi, e in due o in tre volte vi spaccerebbono. Dissilo con Istoldo: dice costarebbono troppo. E io dico a voi e a lui, che dove altro costà non si truovi, di questo troppo non curate; chè così farei io di mie cose: però che ho maraviglia che gli asinelli isferrati da Prato recasson qua vostre lettere o cose. È vero che se 'l tempo stesse buono, s'acconciarebbe la via pe' carri. Se di questi tanti impacci che avete veramente, ve ne viene ira, priegovi vi sappiate vincere voi medesimo, e confortatevi a pace di mente: chè tutte queste cose ha ordinato il buono Iddio perchè il ricco nella ricchezza, e il povero nella povertà, cognosca che qui non si dee attender vero riposo. Alla vostra lettera grande non rispondo, chè avete noia assai. E di Guido, cioè la scusa, e' fatti di Iacopo Guasconi, e di scrivere a Genova del libro de' Vangeli, e tutt'altre cose, ho a mente; e farannosi, si che sarete contento. Non so pensare che mi dica di questo fodero ch'avete bene una di fodero; che mai non vesti' fodero che costasse più di 6 lire di piccioli. Se non ch'io mi dolgo della noia n'avete; come che so che l'amor porta il peso. In somma, io non n'ho bisogno; e non fate bene: e me non conoscete ancora; ch'areste di me men pensieri: che io son tanto a voi, bontà di Dio e della vostra dolce condizione, che io non patirei mai disagio di nulla, ch'io non ve lo manifestasse; chè pur di questa amistà mi tengo ricco. E veramente io sono, grazia di Dio, più ricco che uomo ch'io cognosca; e nulla da vivere mi manca. Ma io mi diletto di volar basso, con l'animo dentro, e con la mostra di fuori: e però sto bene, Deo gratias; come tutta via astetto fortuna, e attendo a pazienza. A bocca vi mosterrò come quel ch'è fatto vale e tiene, e fu bel fatto. Con questo, che al tempo dello stribuire l'estimo vi conviene esser con la famiglia abitatore della città. Altrementi, ciò ch'è fatto si perde, se l'altra parte s'avvedesse di questo punto; che credo bene di no. Ma e' si vuol giocar netto. Raccomandatemi e salutatemi quella ha udite vostre sante prediche diciott'anni. In verità, io le porto grande amore, perchè spero sarò ancor colui che, con mostralle il vero, la farò rimanere a pace e a quiete d'ogni cosa; come ch'io paia folle a pensare fare in una predica quello che 'l suo compagno non ha potuto in tanti anni. Io non so ristare, ec.. - LAPUS vester. XXIII septembris.