Ricevetti ieri vostra lettera a ora che non ebbi per cui rispondervi: ora vi dico così. Di Guido di messer Tommaso non fate alcuno conto per questa volta, cioè che voi l'abbiate attendere. Dell'altro Guido non mi pare ora da far nulla, però che a scrivergli s'è troppo indugiato; chè volea esser a ora che se gli fosse potuto profferere o cose, o fattore a far cose; non ora, che è per montare a cavallo. Ma meglio è che a bocca facciate quello è vostro onore, ora che ci sarete domane, secondo che pensate: ed è buono ch'io vi parli prima, perchè e' non usano insieme come e' soleano i detti, benchè siano amici. E nondimeno col nostro Guido o voi o io diremo di vostra buona intenzione; e che esso diliberi se esso gli vuole profferere voi e vostre cose, o vuole faccianlo noi, o l'uno e l'altro. E se prima non ci vedessimo insieme che e' fosse prima costà, non so che vi possiate fare, se none andare a lui ad accompagnarlo incontro, se far lo solete; e prendete tempo che e' sia isfaccendato, o a cammino, o poi in casa; e poi per amor di Guido nostro pregatelo che richeggia più tosto voi, ec., perchè siete cittadino, e perchè di fatti di pratesi o de' palagi a nulla v'implicate, come se voi non foste del paese, per stare in pace, ec.. Non so che altro mi vi dica, come che la lettera vostra mi trovasse occupato: pur risi per lo compare che vendea il vino piggiore, poi che e' fu a quello legame, ec.. Ogni mia gente è in villa: però salutarò la comare altra volta. E il pennato ho a mente: e il libro vostro sollicitarò; che ho caro nol compia mai, perchè e' non n'abbia mai danaio, tanto m'ha straziato. A Dio v'accomando. Ser Lapo vostro, martedì XX ottobre.