A questi dì vi rispuosi in su una vostra, trovandomi occupato. So che m'arete perdonato, se none a pieno a tutte le coselline non v'avesse risposto: questo fia proceduto dall'usata carità. La ragione di questa è uno pensiero ch'io ho fatto sopra i pensieri che dovete aver voi in questi tempi; si sopra le vostre mercanzie, e sì sopra le vostre prestanze; che non so qual si debba esser maggiore a voi, di tanta importanza mi pare catuna parte, negli aspri tempi che s'apparecchiano, al parere degli uomini: che forse ne' dì di Marco, accozzandogli co' vostri, non si dimostrarono tali. Le ragioni sono grandi, e molte; e anche, se fosse piacere di Dio, tutte potrebbono tornare a drieto. Ma e' non si crede. E stasera ne fui con Istoldo, che scrivea a Genova; e molto l'ebbe accetto: che per la malattia di Guido, che ancor dura, n'andai insino a uno amico presso che come Guido, che me ne disse il vero, per dirlo a Stoldo. Alla prestanza vostra (che ora si debbono rinnovare) io ho auto alcuno pensiero sottile, che tocca un poco del carmignanese; però ch'io temo, e debbo temere, ch'ella potrebbe esser quello che vi disertarebbe più ch'una fortuna di mare: e assai famiglie ce n'ha disfatte: e tutte ho lette di nuovo le vostre carte. E veder potete l'esempro in Sighinolfo de' Pazzi, c'ha qui parenti e amici i maggior della terra; e di lui vi dico perchè 'l conoscete. E quasi niente ha qua, e truovasi avere fiorini XXX di prestanza, in quella settina in che siete voi. Or per queste e altre cose, guarito che fia il vostro onorevole e buono compare, che Dio ci presti lungo tempo, sarà bene ci vegniate, e ad agio pratichiate tutto. Ma insino da ora vi dico, che sarà bene facciate che i vostri tenghino mano al timone; però che e' non è tempo d'andare cercando s'egli è più che uno mondo. In fede v'ho detto tutto: voi siete pratico uomo, e avete molte cose vedute; e cognoscete le 'nvidie di Toscana: e penso ne caverete frutto de' pensieri miei, più che non fo io. Ma la fede passa il cielo. Altro non ci è a dire. Guido era quasi guarito; e certa medicina gli ha fatto oggi troppa noia. Non so come starà domattina; che ve n'avviserò. Salutate o raccomandatemi alla comare. A Dio v'accomando. LAPUS vester. XXIIII di gennaio, di notte. Ieri, dì XXV, ebbe Guido lettere dagli ambasciadori nostri, in Pisa fatta dì XXIIII; cioè, Manetto Davanzati e Giovanni Biliotti; come gli accordi erano per fatti; e come quelle brigate se ne cominciano andare. Vedete cos'è andare! e per tutta la terra si disse ieri, che oggi dovavamo esser cavalcati: e così si sospettava per tutti i maggiori. Iddio provvegga: questo formicaio capitarà pure al fine suo; che Dio tolga lor forza di farci male! Stamane, dì XXVI, ebbi una vostra da maestro Andrea. E la risposta a quel de' Guasconi è fatta, e sta cogli ordini. Guido sta assai meglio. Se vi pare, ditene al Podestà della lettera ha auta Guido; per rassicurare la gente, come che e' ci ha di quegli che dubitano che gli ambasciadori non siano ingannati. Poi ho rivedute la carte vostre, e altro; e dubito pure vi verrà stare a quello v'imporrà il Gonfalone. Ma quando verremo a' fatti, brustaremo bene ogni cosa. In fretta.