Assai volte m'ho messo nell'animo stare uno mese ch'io non vi scriva, perchè tanto dire con voi e tanto darmivi, io non vi venisse in fastidio o tedio, come si fa della cosa che l'uomo tiene per sua e possiedela di continovo. E già alla fede vi prometto il feci col nostro Guido; che certi giorni metteva io in mezzo ch'io no gli era alla faccia, perchè poi ritrovandomi e' mi facesse migliore cera, e la mia fidelità gli sapesse di miglior sapore. Sapete addiviene di tutto, e delle cose di letizia e delle cose da vivere: vedete! usando capponi, starne, ec., tutte vengono a una cotale disidia e negligenzia, se a tempo non sono sottratte. E con voi non ci ha modo io il possa fare, almeno nello scrivere: tanto diletto ho vedervi di vostra mano tanto porvi a star meco; non altrementi che quando con mille lavoratori vi vedea all'estimo tra uomo e uomo, che mi parea vedere Mazzeo venire a me. E noi cognoscete, e pe' miei altri difetti mai nol conoscerete; se non quella volta che morte mi torrà da' vostri occhi. Bene ho tanto cognoscimento da chi mi mise l'anima in questa carne, che voi mi fate assai e troppo, alla natura ch'avete d'avere sospetto la gente, che già forse v'ha gabbata: mi basta e più che basta ch'io vi sia confidato de' meno de' dieci l'uno, de' mille conoscenti ch'avete. E io debbo avere alla vostra natura compassione, e non darvene noia; ma aitarvi portare il vostro peso: e sono presto, in ogni cosa. Però de' miei pondi avete già portati assai, perchè non so fare io non mi rompa; e hovvene chiamato savio e accorto; e veduto che gli avete meglio, i miei, sopportati che io non meritava. E fatti di ser Conte stettono tanto sodi, quanto più lo 'ngegno vi si seppe mettere; e andai a lui, mancandomi ronzino, e la parola dello Spidalingo, e l'acconcio della mia famiglia: le quali tre cose mi viene accozzare andare a Prato. El ronzino ebbi da Stoldo. Non pigliate se non com'io la dico per la verità, non per darvi gradi; chè gli areste a dare a me per ogni uno tre. Ma vedete che pure non ier l'altro, parlando con uno, mi rispuose e allegò Bertino Guerzoni; e io dissi: E e' vivo? Disse di sì. Il perchè mi dolgo di ser Baldo, che non me lo disse in que' contratti. Però che nè Paolo nè Bertino vidi mai più: e ser Baldo e Barzalone, sapeano tutto, me 'l doveano dire; chè sanza il padre non si potea obbligare, salvo se fosse emancipato. Il perchè ieri scrissi a ser Baldo l'animo mio: e che mi rispondesse, che se padre vi bisognava, per non averlo emancipato, io vi volea tornare di fatto. Non n'abbiate pensieri: questo fatto è mio. Alla scritta e alla cautela v'hanno fatta fidatevi, ch'ella è piena come avete più volte scritto, e più. E io sono di quegli penso ella sia stata utile, e forse necessaria, pe' casi dà il mondo di leggiere. Do! fatemi uno servigio: non vi date malinconia de' fatti di Francesco di Matteo. Il fine non fia altro che buono. Come che per lui io non vi sia obbligato a farvi pagare: ma io il tratto, per lo tempo, e perchè fu fratello d'Andrea, che come padre mi menò a questa città (egli e messer Guelfo), come se fosse uno mio zio: ed egli è povero: e le cautele v'ha a fare, e il grano, e' farà certo, credo io. Sia chi le cheggia, e vedrete chi dirà vero: ma che volete fare, s'egli è impotente? La terra vi dicea, è 18 staiora a fiorini X staioro, in sulla strada mastra da carro, che va da me alla porta a Vignale. Valse intorno a fiorini XVIII or fa dodici anni. E se volete dire, Che vai pensando? dicolo: L'onor dell'anima vostra! perch'io veggio oggi più che mai, che si fa dopo la morte per l'amico. E l'onore della vostra persona è di chi v'ama; che voi non lasciate far tutto dopo voi: chè siete sì semprice che credete, quello che non volete o non potete far voi, facciano per voi gli amici, sanza grande istrazio di tempo. Ma questa era poca, e forse è or venduta. Ma forse non è; perchè per lo rifare, si dice, dell'estimo, niuno vuole far mostra. Ma io pensava accozzalla con staiora XXII hanno que' di Marco dirimpetto a me; e sonvi tutte mura: e ho fatto vedere a maestro, che 200 lire, in somma, rifà il tetto, e fa certi ristori e usci vi sono a fare: e non ha poi quello contado più bello luogo da Ceppo o Spidale. E avendo così casa, ogni dì per pochi danari si potrebbe crescere; ch'è da torno chi uscirebbe a buon mercato. E arei quello olore di quel vicino, o vivo o morto foste, o s'io campasse dopo voi: e ardisco a dire, che ogni comune savio direbbe ch'io andasse cercando briga a contanti: e direbbe anche, che dicendo voi no, non vi sapesse intendere, volendo voi raunare e raunare pe' poveri di Dio. Or nulla fate contra l'animo vostro. E uno Savio dice così: Mai non si vuole isforzare l'amico, o radi volte. Lionardo ha sotterrati due figliuoli a Carmignano, e la moglie sta male; e Meo è a lui: e aitare no lo posso, per la famiglia e per le faccende c'ho. E questa non farei, se non che piove, e sono in casa, in domenica. Altra volta diremo di lui, come d'uno santo secolare; se così è licito a dire. Se fosse costà venuto per farvi un poco carestia di me, ec., pensai porre il ronzino e 'l compagno all'abergo, e starmi con Ardingo de' Ricci, per vedervi un poco arrovellare; e a voi sarei venuto spesso: non penso vi si venga per la noia che ci è. Beati i morti che muoiono bene! Maladetti i vivi pieni di faccenda, se non è per Dio, o per vivere! Disse a questi dì uno vecchio savissimo: Ch'era fuor di sè il ricco che facea mercatanzie, per due valentissime ragioni. La prima, perchè al ricco non bisognava torsi il riposo e la buona vita che si toglie, e il ricordarsi di Dio, come e' fa, per la mercatanzia. La seconda, perchè uno de' minori compagni che ha, può levare tanti crediti e mercatanzie, che può fallo vituperare e fallire. Puosimi in cuore di dirvelo. E per la carità che fra noi vive, vi prego leggiate questa parte tutta a monna Margherita una sera dopo cena, per mimoria e consolazione di me; poi ch'io no le posso scrivere; e perch'elle dica quello le pare di questo detto. Nofri e' nipoti stanno imbucati alla Torre, e dispiaccionne a tutt'i loro amici: bastivi, Guido è morto; ed eglino son buoni. D'Antonio da Camerino, nè di que' fatti, non so nulla. Penso richiedere Stoldo di danari di gabelle, e di presente gliel rendo; chè arò d'onde, laude a Dio! Cristo vi guardi. A Nofri e ad Andrea dirò da capo quello che dite di loro in quante lettere mai m'avete scritte. A Dio v'accomando. SER LAPO, XXVI di settembre, in fretta al modo usato mio. I due ducati prestaste a Meo, si pagarono di presente al banco vostro. Oggi dì XXVII iscontrai ser Conte in Mercato Nuovo, e dissemi che Bertino era morto quando ser Schiatta. Sì che sta bene: nondimeno me chiarirò meglio.