Stasera passando io dalla Camera ove Francesco Federighi è camarlingo, un poco m'arrossiron le gote; perchè avendogli io più dì fa promesso farvi buono ringraziamento, da sua parte, della soma delle legne; e io dicendo non averlo fatto, gli promisi certo per la prima dirvelo. Dice che troppo l'avete legato, avendo voi le noie e le faccende ch'avete, avendolo auto così a mente insino a Bologna. E tanto lietamente mel dice, che pare gli escano rose della faccia: però ch'egli è sì radi volte allegro, che par miracolo a vedello giocondo. A Barzalone, già fa mese, l'avea fatto nella sua malattia ricordare; cioè, ch'io pensava se le non si mandassono, voi l'areste a male: e che de' tempi andavano da rifarsi tosto prestanza, ec.. Rispuose, che da sè nol farebbe sanza vostra licenza: ma che delle sue in dono mandarebbe volentieri. Da poi ivi a giorni ne dissi con Istoldo in Mercato. Rispuose: Fàllo, e io le pagherò. E detta questa parola, venne il fante col mazzo, e voi scrivavate s'avesse in mimoria le legne, con la nota del modo e con tutto: e fu'ne molto allegro. Credete al vero: ella è spesa da piacere a chi v'ama. Nè mai seppe, nè per la vita saprebbe nulla, che da me sia venuto il confortarvene. Ancor mi disse Francesco molte cose de' fatti da Bologna; e con quanto amore v'ha veduto esser verso di lui; e che di certo nulla è, che per voi o vostri amici non facesse. E a me credete, e' non è sparviere da passere, et è da bene: ma perchè par crudo, gl'ignoranti nol cognoscono. El mio fratello fu oggi qui per medicine; chè la donna campa con lunga malattia, si crede: e dissigli della compassione voi gli portate, che sì fatto maestro o ingegneri si perda fra' lavoratori. Disse: Se Francesco mi trovasse luogo ov'io ispacciasse il lavorio, ancora farei dir di me. E mai non fu miglior tempo da lavorare; ed ella è la sua bottega rimasa sola; chè gli altri per goffezza hanno quasi rotto; ed il maestro è ottimo. Però per racquistare agli amici uno uomo fedele, non vi gravi scriverne una volta a Vignone o altrove. Egli arma dalla testa alla scarpetta, alla pulita, e fa bene corazze: e i lavoranti arebbe per poco; ed ha Meo per compagno, che vale assai. Qui sono novelle, che i sette Elettori hanno cassa la elezione dello 'mperadore con solenni processi; e le cagioni de' processi sono: l'avere egli rotto sagramento d'andare per la corona; che non v'è ito: la seconda, per non avere soccorso il Papa, e data forma al levare tanto iscisma: la terza, che per fiorini sessantamila, truovano fe il Tiranno Duca; e che ha soggiogato Pisa per barattaria, e altre terre d'Imperio, in danno e vergogna dello stato Imperiale: e per più altre, ch'io non ho ora a mente. Ed è in Firenze chi dice, udì leggere la condannagione nella Magna. E dicesi che 'l Conte ha ritratti tutti i suoi capi della gente dell'arme, e che s'acconcia a difesa. Or io soglio scrivere poche novelle, perchè le lascio passare con la ruota del mondo: e forse queste anche possono esser favole. E holle dette a Lionardo per ritra'gli qua l'animo: ma egli è in tanto buono stato dell'anima a star colassù, che non sente nulla che gli noccia; ch'io fo forse il suo peggio. Francesco di Matteo ci fu oggi: dice ha profferto il grano a' vostri da Prato; e darallo volentieri; e ogni sicurtà volete, in sul suo farà; e venderallovi, e risponderà de' frutti, ec.. Arete auta mia lettera, fatta in XXVI di settembre, in fiamma d'amore. Se v'ha cosa vi dispiaccia, siate paziente alla mia buona volontà: e perch'io sono amico, ho più letizia lasciarvi con mie lettere piagnendo, dicendovi quello mi par vero, che ridendo e lusingarvi con favole. De! fate così a me, non per altro amore che per Iddio. SER LAPO vostro. II d'ottobre. A Nofri fe' ieri vostra ambasciata; che giunto, s'andò con Dio. Alla comare no le fo, ch'ella è in villa con la famiglia. E io godo la casa, e uno garzone di Meo mi serve. [OMISSIS]