S'io volesse dirvi ciò ch'io disiderrei, non penso bastasse uno dì, nè temperatura d'una penna. Penso, monna Margherita v'arà detto qualche cosa. E oggi ser Giovanni Barnetti fu a me; e dissemi che sopra la materia avea molto udito; e che n'avea detto con Istoldo, e facea la cosa molto paurosa. Io me ne fo beffe, non procedendo nulla più dalla parte vostra: e così vi priego; però che tale era costà con voi a uno banco, che qua scrisse le vostre parole, secondo che disse; e poi a bocca le venne a dire. Ora e' sono tanti quegli che dicono bene di voi, ch'io non penso che uno che dica male debba tutto guastare. Pensate a vivere virtuosamente, e ricordarvi spesso di Dio; e nulla non curate. Domane penso cancellare una ragioncina ho auta con Istoldo per gabelle di vino; però che Checco Tanaglia, che m'ha a fare, disse stasera al Palagio a Stoldo di contentarlo domane. Sammi male che così tosto io v'esca tralle mani: ma io ho diletto di far così. Non è mancato per Istoldo ch'io non n'abbia presi più. Iddio vi ringrazi per me. Potea fare sanza gravarvi; ma per farmi più agio, feci così. Quel lodo è dato di fiorini 600, per due de' Piacìti e per Domenico di Cambio. E io lo scrissi tutto, e conforta'gli a darlo: che nel vero egli è oggi catuno guardingo di dare sentenza. È vero non ne volli esser rogato, per onestà. E volli innanzi perdere qualche fiorino, che arei auto a costo di ser Schiatta, che rogallo io; perchè non si dicesse uno lodo dato in furore pe' parenti di Francesco e compagni, e per ser Lapo che 'l fe, che è suo figliuolo. Anzi con esso andammo al notaio di porta Santa Maria; e come scritto io avea, così rogoe. Penso ne vorrà qualche fiorino, perchè la somma è grande. Pagherà pur chi dee. Farello grossare a colui. E farassi ciò che bisognerà. L'altra cetara è stata quella da Prato; che mai non udi' sì fatta cosa: che uno, che è il dirietano ad avere, per forza sia il primo; e che a tanta furia non vaglia nè legge nè statuti. Dice Dante: «Vuolsi così colà dove si puote.» Ora noi abbiamo fatto uno stagimento da parte del Podestà di qui. E penso intraversaremo questo fatto. E Benedetto n'ebbe andare e tornare a Prato in furore per le procure. E dicovi che leggendole, vidi voi fate male a dire che Benedetto, o tale o quale, possa torvi ciò che avete, e darlo altrui; cioè, che voi fate procuratori sanza bisogno a far compromesso con ogni uomo, d'ogni cosa; e che l'albitro possa eleggere il procuratore cui e' vuole. Francesco, non vi ci avvezzate: maggior fatti ho veduti; chè tale procuratore potrebbe torvi per carta ciò che avete, e tenello segreto, e a tempo trarre fuori le carte. Non ve ne fate beffe. Mal facea chi non ve lo dicea. E poi di nonnulla arete sospetto d'una piccola cosa! Che dolori sono questi, che uno prestatore abbia tanta forza, che pigli innanzi alle dote e innanzi a' compromessi e i lodi, sanza volere il rettore udire la parte! Or non so che se ne fia. Io ne farò quello poco ch'io potrò di bene. El palagio di Zanobi di Taddeo Gaddi molto mi piace per voi; non tanto per lo bello abituro, quanto perch'egli è fuori di quegli occhi crudeli, ed è in sulla via da Prato, e è nel mezzo di Firenze tra mercatanti e gente dolce, ed è più presso a me. Cristo vi guardi. LAPO vostro, XX d'ottobre.