Padre carissimo. Iddio mi fa molta grazia, ch'io vo come il mondo mi mena; e assai comporto l'andare in su, e il tornare in giù non mi rompe troppo dal vero, quale è l'attendere a morire. Dicol pertanto, che se detta grazia non avessi, molto mi dorrei della vostra assenza, perchè con voi arei diporto ne' miei affanni. I quali, per la morte del magnifico Guido, ritengo in me; che sono per affogare alcuna volta. Gli altri amici e vicini, in cui grazia io sono assai, vanno per lo generale; e catuno attende, la sera, ad avere acconcio sè propio. E io me ne rido, e godo nello stato mio, e nel mio conoscimento: e quanto posso, porto nondimeno ad altrui fede e carità. Tutto ho detto, perchè essendo voi qua, mi fareste grande isfogamento; e almeno la sera tornarei a casa isfogato e consolato. Da poi vi scrissi, è accaduto che avendo io per la fanciulla mia posto l'animo a uno notaio figliuolo di Ciambene da Prato, che la disiderava; e già cominciando io a mettello innanzi per avviallo, è accaduto che uno giovane nipote di Falduccio, nome Meo, che andò a Barzalona a' vostri per fuggir la morìa, vi s'è messo, o egli o altre per lui, a volella: ed è tanto la cosa innanzi, che al mio parere sta a me: che con fiorini 300 mi pare da me accetti come da meglio di me fiorini 400. Il giovane sta alla seta. La sua casa è in via de' Servi, ove tornava Falduccio. Sommi a Dio raccomandato, e a Stoldo, che molto me ne conforta: e penso maritalla, o diciamo dir sì; che ho preso tempo da avere da voi risposta, se da tanto sarò ch'io la possa sostenere, con dire che sanza voi non mi diletto fermare. Attenderete quello Iddio ne farà. Io vo attorno, e Iddio mena dove il fine debba essere. Se fia allegro, sarò contento; se piagnevole fia, acconciomi a pazienza meglio ch'io non ve lo scrivo. Il giovane è puro e di buono nome, e ha voglia molta d'avviarsi, ed è in buono luogo: e voi, se farà bene, no gli sarete reo, per amor di questa fanciulla, ch'è stata fante tanto tempo di tanti. La dota ho presta in fiorini 150 mi presta lo Spidale, che n'ho avere circa 90; in CC dodicine ho di lino; in danari astetto per lo testamento di Guido; e in qualche avanzo farò dell'uficio, ove ho messo uno che dubito non sia tristo, per cosa ho sentito di sua segreta condizione. Tutto vi voglio aver detto per mio isfogamento. E a me perdonate. Iddio non guardi a' falli miei, ma alla purità di questa fanciulla, c'ha XVI anni a' dì XIII di marzo che viene. Gli altri non fanno questo atto per paura di morìa; e io il fo per detta paura: chè s'io morisse, la voglio avere acconcia; e voglio che da me ella abbia sua ragione auta: poi sia che vuole. Stoldo è sano, e destro, e sollicito a' vostri fatti: io dico, assai. El sindicato non è ancora auto; e nulla penso facciano i Sei, ch'io non sia bene contento: e v'è uno amico dassai, quale fu tra' Priori. Altra volta ne diremo. Non temete, s'io vivo; s'io non vivo, vivete: che poi non vi scrissi, ho auto, come sa Stoldo, assai difetto di gridare e in sull'affogare per lo fianco. Saglìo le scale circa novanta volte, e spezzai legne con la scure, tanto ch'io sudai; e passò via l'ambascia con molto vino ch'io mi misi in corpo per sudare. Stasera sono sano. Cristo vi guardi. - LAPO vostro. XV di gennaio. Matteo de' Ricci m'è amico; e più m'è fatto, veggendo quanto m'amate, secondo mi scrive. Cristo guardi voi e noi, e lui consoli; chè ben ci ha che dire per lo stato suo e per gli altri, a cui tocca or di nuovo. Iddio allumini tutti. Questi sono buoni e giusti Signori, e mal fa chi va facendo lor contro. Confortate Matteo a volgere gli occhi a Dio. La terra che s'abita, una casa è a tutti; e Iddio è in ogni luogo, ove ben si fa.