Arete auta mia risposta alla vostra lettera grande, e poi un'altra mia che vi pregava raccomandaste Lionardo ad Antonio da Camerino; e non mi parea che punto vi si disdicesse; tanto l'avete sempre auto nel capo. Nè altra risposta da voi a me cade: che per Dio vi priego le sappiate risegare, per non torvi la vita innanzi al tempo. Io cognosco più vantaggio ora, ch'io non solea, in sapermi tenere la persona sana; meglio che, con molto fare, volella infermare innanzi al tempo. Non vorrebbe mai posare il sole al monte, che fuor non fosse ito: e se pur non potete andar fuori, pigliare, anzi al cibo, un poco d'esercizio che v'affaticasse, sanza venire però al sudore; se doveste avere uno ceppo e una scura e dare alcuni colpi, o saglire presto parecchie volte una scala: però che 'l vostro cibo non ha alcuno aiuto dalla natura; se non come la brascia, che se non è sollicitata si spegne: così fa il cibo al vostro stomaco, che vi s'agghiaccia su, per non esercitare la persona. E dopo la cena, almeno due ore vi viene stare anzi andiate a dormire; sì che 'l cibo abbia preso forma: chè credetemi, questi medici di qua vi loderanno più questo, che tanti argomenti: tuttavia, con pigliare cose leggieri a patire, e che vi diano il benificio del ventre. E farebbevi assai aiuto bere ogni volta, un quarto d'ora prima che 'l cibo, uno buono mezzo bicchieri di buono bianco, nè brusco nè dolce: nè non vi dilettate di frittelle, nè di riso, nè legumi; salvo acqua di cece. Frutte poche, salvo poponi, ec.. Io veggio, Francesco, che nella 'nfermità io non mi posso a pena ricordare di Dio; e a fatica ho licenza da lei dire uno paternostro. Ingegnianci star sani, e ringraziare Iddio; non pur delle ricchezze, nè de' beni temporali, chè credo che Iddio di tali ringraziamenti fa poco conto; ma ringraziallo quando ci dà uno buono pensieri di fare una virtù o una sua volontà, o dacci una spirazione d'amar più lui e di lui più pensare e dell'altra vita, che d'altra cosa che sia. Or di queste grazie gli siamo tenuti; per queste ci lega a umili e divoti ringraziamenti; e di questo si dee porre il cuore alla messa, alla camera; e spesso, andando per via, levar gli occhi in alti. Sì che se poi viene la febbre, non c'entri tanta paura di morire; anzi diciamo: Eccomi, buono Dio; a tua posta sono! A questi dì ho pensato ch'io arei voglia di vedervi (Iddio voglia sia tosto), per fare con voi una divota compagnia d'uno conto, dove voi mettiate una parte di danari, e io un'altra; catuno secondo suo potere; e farne ogn'anno uno spendìo; chè troviamo poi, che per le mani di coloro a cui gli daremo ci sia dalla misericordia di Dio serbato qualche luogo. Io sono disposto a far ciò, ch'io farò mai, per vostro consiglio; perchè l'amore farà che sarà sempre buono. Iddio ce n'aiuti. A Nofri fate una volta uno verso, che paia venga da voi; dove vi dogliate, che essendo voi in cui, fra gli altri, Guido diede la sua fede pe' suoi lasci, mai non avete auto a mente ricordargliele che gli faccia con molta sollicitudine: e de'si ricordare che e' fu per morire dell'altro mese; ed è pur tracutato. E il minore pensieri che abbiano que' garzoni, è questo. Vedete per cui Guido è forse ora in pene: e bene gli sta, s'egli amò troppo coloro che di lui non si curano. Via mondo bestiale! è pazzo chi ti dà tanta fede! O morti passati, amici, vicini e parenti, in questa moria, che avete fatto, se non avete amato Iddio, e autolo spesso in memoria, avendo da lui auti tanti benificii? Rispondano, se possono; e che rimedio hanno? Troppo m'avete contento di questo garzone: che se fia come insino a qui pare, divoto, usante a chiese, digiunatore, pacifico; m'avete dato parente e figliuolo secondo il cuor mio, in iscambio d'Amerigo mio morto. A Dio me n'accomandai; e beato a me, s'io avesse in Dio la ferma speranza che già scritto m'avete. Del sindicato s'è auto da coloro alla Mercatanzia in quel modo noi volemo, e non altrimenti, v'avvisarà Stoldo. Non vi vo' tenere più. Cristo vi guardi. Are'vi più volte ricordato il barile di Domenico Giugni; se non che non vorrei mal pensier v'entrasse, che credeste ricordasse me; che nol penso. Io lo terrò in diposito per voi; che per me vedrete quel ch'io ne farò, salvo XV dì una volta per medicina. De! fate dire a messer Antonio da Butrio, ch'e danari suoi dalla Camera sono qui auti; e ser Paolo ha pagato colui, e songli rimasi certi soldi. E diretemi che avete poi di lui pensato. Padre, a Dio. Stoldo si porta bene, chè ha meno voglia d'arricchire. - LAPO vostro. V di marzo.