Questo dì fui con Francesco Federighi, e di sodo parlammo di vostri fatti. Egli s'è operato assai lietamente per voi alla Prestanza; insino con andare a tutto l'Uficio a ricordar loro l'onor loro, e 'l bene della terra pe' fatti vostri. E in fine venimmo al vostro tornare, cioè al modo; perchè costà sono degli spiacevoli, e' tempi sono rei, e' cammini non buoni, e le genti piggiori. E diceva egli, che se non fosse la donna, che pur v'è gravezza a condurla, che e' pensa areste presi molti modi a tornar salvo; come s'è venire con ambasciadori di qua, o ambasciadori di costà; o per un'altra via: cioè, che un dì per tempo, che nullo del mondo sapesse vostra andata, essere fuora alla porta, e mai non ristare che fosse in nostro contado; però ch'egli è troppo gran fatto a poter avere sinistro, quando il compagno è isprovveduto. Ora, in fine, gli piace il modo v'ho scritto; che a Pianoro, o più qua a Logliano, siate iscontrato da dieci fanti de' nostri, che darà il Vicaro, che vi condurrebbono per aria: e io arò qua da' Dieci o da' Signori lettere, che 'l Vicaro gli darà tali e sì in punto, che ne sarete contento. Or voi siete savio. Ben vorrei potere esser rondina, e parlarmi stasera costà con voi a que' bianchi buoni, che mi cavassono la malinconia del capo, poi non me la può cavare la buona conscienzia che non ci è. Arete udito di XV prestanze poste per avere 500 migliaia di fiorini, con una imposta s'è fatta a' contadini e a' preti, in servigio del passo dello 'mperadore. Dio provvegga per la città! Per quanto Francesco Federighi abbia attinto da uno amico, così per lo generale, voi fosse tassato d'avere valsente fiorini meno che 25 mila. Da l'amico mio, dopo 'l fatto, non n'ho voluto sapere; perchè dove non acquisto nè per anima nè per corpo, non vorrei alcuno mio amico si disonestasse. Se ho a far nulla, dite: e se sapete se Antonio da Camerino è costì infermo, mel dite: ma non curo troppo. Sono ora al fondaco, e scrivo a uno tempo iscuro di piova ch'io non veggio lume: indovinate. - LAPO vostro. IIII d'agosto.